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Lo steward zelante e il bimbo juventino. Chi sbaglia?

di Andrea Losapio
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

In un mondo ideale, dove il calcio rimane uno sport e non un business espasperato, non ci sarebbe nemmeno di che discutere. Il bimbo vestito con la maglia della Juventus, presentatosi al Comunale di Bergamo in occasione del match casalingo dell'Atalanta di sabato sera, sarebbe passato tranquillamente con i vessilli della squadra avversaria. E, sempre se fossimo in un mondo ideale, quel ragazzino avrebbe tifato Vidal e Tevez senza troppi problemi, in mezzo a bergamaschi atalantini e bergamaschi (ma non solo) juventini. Qualche centinaia di metri più in là, d'altronde, gioca una squadra molto più titolata dell'Atalanta, almeno nel proprio sport: la Foppapedretti Volley, che disputa le proprie partite casalinghe al Palazzetto di Bergamo - pure lui da ristrutturare come l'Atleti Azzurri d'Italia, distanza 200 metri - ogni settimana vede le squadre avversarie omaggiate, le tifoserie avversarie salutate e qualche volta pure riverite. Nel loro settore, ma pure fuori, senza che nessuno senta il bisogno di scatenare un pandemonio.
Ecco, se fossimo in un mondo ideale succederebbe così anche allo stadio. Peccato che in Italia non funzioni, poiché gli impianti assomigliano a un Far West - non solo a Bergamo, sia chiaro - dove il testosterone spesso acceca gli insospettabili, in curva come in tribuna, senza esclusione (ed escursione) di colpi. Qualcuno ha fatto notare che di sciarpe della Juventus, o di maglie, ce n'erano pure sabato sera, al di fuori dal settore ospite. Queste presenze non hanno frenato gli insulti e qualche momento di tensione, da una parte e dall'altra. Rispetto al recentissimo passato, quando erano volate pure torce e bombe dal settore juventino a quello atalantino, è andata meglio del previsto. A porre l'accento sul match ci ha pensato, appunto, lo steward zelante che ha chiesto al bambino di coprire la maglia della Juventus con una felpa per evitare che potessero esserci problemi.
In un mondo ideale bisognerebbe pure prendersela con chi ha deciso per una manovra così impopolare. E, a dir la verità, più di qualcuno ha spiegato come non fosse certamente un comportamento da tenere. Perché un bambino non può entrare con la maglia del suo campione preferito, in uno stadio, nel 2014? Semplicemente perché è lo stesso posto in cui, porto franco, si rischia di essere minacciati per un nonnulla.

Per avere applaudito Tevez al momento della sostituzione (non si è capito se il tributo è stato bipartisan, ma è difficile pensarlo) o per avere esultato al primo gol in bianconero di Alvaro Morata. E poi perché troppe volte sono gli stessi genitori - non ce ne vogliano quelli del bambino, che certamente sono capitati nel posto sbagliato con lo steward sbagliato - a fomentare quelli che sono dei comportamenti al limite del lecito: anzi, al di là, sebbene durante la settimana possano pure essere professionisti rispettati e facenti parte di una certa élite.
La realtà è che non siamo ancora pronti, in stadi fatiscenti e insicuri, in momenti di pugnalate e pistolettate, ad accettare che un papà voglia vedere solamente la partita con il proprio figlio, magari lasciando perdere il risultato finale. E forse non lo saremo mai, giacché lo stadio di Bergamo - comunque solitamente ottimamente frequentato - viene riempito totalmente solo in quelle tre o quattro partite con la strisciata di turno, altrimenti ci sono buchi da 8-10 mila spettatori. Certo, la voglia di vedere i campioni, ma anche i tifosi avversari riempiono lo stadio. Quindi servirebbe un po' più di rispetto in un posto dove troppo spesso non esiste.
In ultima analisi, qual è il vero problema? Lo steward che consiglia al bambino di coprirsi oppure il rischio di venire minacciati, additati, colpiti perché si indossa il proprio vessillo? Perché a Bergamo è successo pure che un interista fosse colpito dopo la partita proprio per una sciarpa interista, oppure che uno juventino uscito per festeggiare lo Scudetto di maggio venisse aggredito. Due anni fa, 2012, non nei ruggenti ottanta. Insomma, ha sbagliato l'addetto alla sicurezza - che è lì per fare il proprio lavoro - oppure un mondo che ogni volta punta il dito senza mai guardare alla luna? Insomma, il calcio si costerna e si indigna solamente in queste occasioni, gettando la spugna con gran dignità tutte le altre volte.
Infine, il modello inglese, quello degli stadi aperti, dove si può andare a vedere una partita senza avere grossi problemi. Allo stadio, a parte nei settori debitamente indicati, non è prevista la possibilità di indossare sciarpe o maglie della squadra ospite. E qualche volta è meglio non esultare troppo, perché altrimenti si viene allontanati dal proprio posto. Dunque, al di là delle ipocrisie che lasciano il tempo che trovano, non sarebbe ora di fare qualcosa di più che additare lo steward per eccessivo zelo?

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