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L'Italia perde Montolivo, ora non può privarsi di Rossi

di Italo Cucci
Nato a Sassocorvaro il 31 maggio 1939, allievo di Gianni Brera, Severo Boschi, Aldo Bardelli ed Enzo Biagi. Collabora con la Rai come opinionista/editorialista sportivo.
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© foto di Federico De Luca

La notte porta consiglio. E scongiuri. Il drammatico infortunio di
Montolivo alla vigilia delle scelte definitive sembra creare lo
scenario adatto all'entrata in scena dei cronisti identificati da
Giovanni Arpino esattamente quarant'anni fa (mondiale di Germania
1974, il primo dei miei dieci) in due partiti: le Jene e le Belle
Gioie. Pessimismo ad oltranza da una parte - oggi con venature di
disfattismo che inducono a temere anche l'Inghilterra di Mr. Hodgson -
ottimismo tracimante, irrazionale anche, dei prandelliani ad oltranza
peraltro convinti -come disse Buffon - che un quarto posto sarebbe per
l'Italia un buon risultato. Non appartengo alle due fazioni ma ho
un'idea del Mondiale ancor più radicale: l'Italia va in Brasile solo
per vincere, com'è suo diritto e dovere, addirittura con la speranza
di incrociare nella finalissima di Rio i padroni di casa, se non altro
per blasone, per tentare di pareggiare le vittorie, oggi cinque le
loro quattro le nostre, e di conquistare per prima le Americhe. Il
forfait di Montolivo ha un peso importante sullo spirito del gruppo
più che con la consistenza tecnica della squadra. Ha detto Prandelli,
dopo l'incidente, che la Nazionale si è ripresentata in campo
frastornata, incapace di impegnarsi adeguatamente contro l'Eire in una
partita decisa per fare valutazioni più fisiche che tecniche. Eppure
gli interrogativi più incalzanti, riguardanti Pepito Rossi, Cassano,
Balotelli e lo stesso Montolivo, sono rimasti praticamente senza
risposta (a parte quella drammatica relativa al capitano del Milan, a
ben vedere un problema in più per Pippo Inzaghi) mentre si sono avute
sentenze forse definitive - naturalmente positive - per altri
esaminandi di secondo piano come Verratti, Immobile e Darmian.

Il
Parigino ha meritato finalmente il plauso del CT, i granata finiranno
-a mio avviso - per far parte della spedizione. E' il loro momento:
per il difensore c'è un futuro europeo conquistato ai danni del Parma,
vittima di una vigliaccata istituzionale, per il bomber un posto di
prestigio nel Borussia di Dortmund. Credo che Prandelli abbia
registrato anche queste positività. E tuttavia sono disposto alla
smentita nell'esprimere la mia totale adesione alla chiamata di Rossi.
Prandelli ci ha abituato all'osservanza di un certo rigore etico anche
quando non se ne sentiva la necessità, per quisquilie che hanno
investito De Rossi, Balotelli, Destro e Chiellini; ma se c'è una
scelta morale da fare, questa riguarda Pepito, il golden boy cresciuto
nella sofferenza fino a diventare un uomo forte e capace di battersi
contro la fortuna che lo perseguita da anni proprio come capitò a
Roberto Baggio, divenuto un campionissimo dopo una lotta continua
contro la sfortuna e il dolore. Portare Rossi al Mondiale è un dovere,
è regalare al gruppo - proprio in un momento di sofferenza - lo
spirito giusto per sentirsi alla pari d'ogni avversario, se non più
forte, perché quando sarà perfettamente in grado di scendere in campo
e affrontare il "nemico", la sua qualità di fulmineo esecutore di
giocate preziose e di gol detonanti potrà essere decisiva. Con lui in
campo potrei anche diventare una Bella Gioia. Senza di lui, una Jena.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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