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Inter, GL Rossi: "Credo che le dimissioni di Moratti siano strumentali"

di Andrea Melli
Fonte: Gianlucarossi.it
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Ce l'ho ancora davanti l'immagine di Moratti che esce in auto dalla residenza di via Serbelloni dopo aver parlato a lungo con Thohir. E ho aspettato un po' a riassumere il mio pensiero sulle dimissioni sue e dei suoi, suo figlio Angelo Mario, Rinaldo Ghelfi e Alberto Manzonetto dal CdA dell'Inter. Dalla mia prima e unica intervista, si fa per dire, visto che si è limitato a dire "è tardi, c'è la partita" alle dichiarazioni successive ho già notato un certo scollamento, tipicamente morattiano, soprattutto quando prende decisioni più istintive che razionali, come certamente è stata quella di dimettersi da questo CdA. Poiché ognuno dice la sua, soprattutto quelli che con Moratti non c'hanno mai preso manco un caffè, la mia la dico pure io, con un punto di vista un po' diverso.
Premessa: Moratti non avrebbe mai voluto cedere l'Inter, ma è stato costretto a farlo a causa di una gestione non da manager ma da tifoso, con tutti i pregi e i difetti che questo comporta, soprattutto il repentino e violento cambio d'umore a seconda dei risultati della propria squadra. La scienza ci dice che un tifoso non è in grado di gestire neppure se stesso e leggendo i commenti ad ogni partita dell'Inter su questo sito è arduo sostenere il contrario. Moratti però, anziché cedere l'Inter, avrebbe voluto trovare qualcuno che lo aiutasse economicamente a tenerla per sempre al di sopra delle proprie possibilità economiche, senza togliergli la maggioranza delle azioni. L'operazione messa in piedi coi cinesi due estati fa in fondo andava in quella direzione. Purtroppo poi non si è concretizzata e il successivo compagno di viaggio, Erik Thohir, indonesiano di nascita, ma spiccatamente yankee di formazione, non si è accontentato di essere un semplice azionista di capitali, ma ha lasciato a Moratti il ruolo di comprimario. Chiunque conosca Moratti e io per mie vicende professionali lo conosco da Italia '90, cioè molto prima che diventasse Presidente dell'Inter, sa che è il Massimo non è tagliato per fare lo sparring-partner. Che il rapporto tra Thohir e Moratti non potesse essere fluido quindi lo sapevo da subito, ma c'era e c'è tutt'ora l'Inter di mezzo, ossia il bene più prezioso, almeno per Moratti.
Ed è proprio questo che mi ha sempre indotto e mi induce a pensare che alla fine ne usciremo anche stavolta.
Certamente Moratti era stufo di sentirsi ripetere pubblicamente da Thohir e dai suoi quanto sia stata disastrata la sua gestione. In fondo, dal suo punto di vista, se è vero che Thohir si è accollato 150 milioni di euro di debiti, è anche vero che lui, passando la mano, non ha incassato un euro e che Thohir i conti (in rosso) li ha spulciati per mesi. Se per il nuovo CEO Michael Bolinbroke, comprensibilmente, una società non si può gestire come un giocattolo, per Moratti invece l'Inter è sempre stata proprio un meraviglioso giocattolo, nel senso migliore del termine, con cui divertirsi e divertire i tifosi, ad ogni mercato, prima ancora che ad ogni partita! Un giocattolo diventato via via troppo costoso.

Certamente a Moratti ha dato fastidio anche Mazzarri, uno che ormai dovrebbe presentarsi in pubblico con dichiarazioni pre-registrate e andare in playback, visto che ad ogni domanda a cui risponde scontenta tutti: tifosi, azionisti e giornalisti. Evitare di trattare chi ti ha portato all'Inter ad oltre 3 milioni e mezzo netti di ingaggio come tratteresti un tifoso qualunque è un fatto di educazione prima ancora che di intelligenza.
Ora, dopo le premesse, vengo al punto: io sono convinto che le dimissioni di Moratti siano strumentali, ancora una volta. E' già successo e probabilmente sta succedendo ancora! Quando Moratti vuole mettere qualcun altro in difficoltà o peggio, nelle condizioni di andarsene a sua volta, fa così. Lo ha già fatto, lo sta facendo ancora. Lo fece nel maggio 1999, insieme a Tronchetti Provera, apparentemente per le critiche ricevute per aver richiamato Roy Hodgson sulla panchina dell'Inter, ma in realtà per spazzar via parte di un organigramma in cui c'erano uomini cari a papà Angelo, Sandro Mazzola su tutti. Dopo qualche mese, Moratti tornò Presidente per acclamazione. Lo fece ancora all'inizio del 2004 quando era già in parola con Roberto Mancini e per quest'ultimo aveva già cominciato a fare il mercato, mentre Giacinto Facchetti si stava invece sempre più pubblicamente spendendo per la conferma di Zaccheroni. A fine stagione però anche Zaccheroni si dimise e arrivò Mancini. Forse Moratti ha cominciato anche adesso a muovere pesantemente certe leve verso bersagli chiarissimi: il direttore generale Marco Fassone e l'allenatore Walter Mazzarri, uomini portati da lui, è vero, ma posso testimoniare direttamente e con dovizia di particolari che Moratti si è quasi subito pentito di queste scelte, avallate invece da Thohir. Diversamente da quando era il padre-padrone dell'Inter però, oggi al tavolo da gioco siede anche Thohir e con in mano le carte migliori. Ad oggi però Moratti di mollare il suo 30% non ci pensa proprio e, anche volendo, non potrebbe farlo senza il consenso di Thohir.
Come andrà a finire? L'inter è il bene più prezioso e credo che alla fine vincerà il buon senso. Questa è la mia idea, certamente più originale di tante altre, ma dopo un quarto di secolo, Massimo Moratti penso di averlo capito. Il problema è che come tutti non conosco ancora Thohir.

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