In amore e in guerra tutto è lecito. Se poi non c'è stata...
Michel Platini ha perso un'occasione per chiedere scusa e rafforzare la propria posizione al posto di numero uno della UEFA. Perché lo scempio accaduto in Serbia-Albania, giocata nello stadio del Partizan una settimana fa, è ancora troppo fresco per non essere messo al vaglio di inchieste più grandi. Il drone volato nell'impianto di Belgrado, poi fermato dal difensore della Serbia, fa ancora parlare di sé. La bandiera della Grande Albania, poi intercettata dal difensore dell'Anderlecht Stefan Mitrovic, ha causato una rissa che rischiava di degenerare in qualcosa di ben più grave. Solo la bravura delle forze dell'ordine - presenti in massa - ha evitato il peggio per i giocatori albanesi, comunque picchiati pure da tifosi entrati in campo, tanto più che Cana rischia una squalifica lunga per essersi difeso.
Platini, da par suo, ha deciso di spiegare perché la partita non è stata messa "al bando" come Azerbaigian-Armenia. Perché fra le due nazioni non c'è mai stata una guerra.
Più o meno come il fatidico scontro tra Gibilterra e Spagna: la UEFA ha deciso di non far incontrare queste due squadre durante i gironi per un favore che deve alla federazione iberica, non certo perché i carrarmati spagnoli hanno invaso le piazze della vicina Gibilterra. Insomma, la difesa di Platini - che non per niente era un centrocampista offensivo - questa volta fa acqua da tutte le parti. Sarebbe stato meglio ammettere le proprie colpe, perché nessuno è perfetto, invece di alimentare un fuoco di polemiche con una frase che non può non essere analizzata. Domani verranno rese note le sanzioni per la gara. Ben sapendo che la guerra, in campo, non c'è stata. E non grazie a Platini.