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Evviva Insigne, un italiano vero

di Italo Cucci
Nato a Sassocorvaro il 31 maggio 1939, allievo di Gianni Brera, Severo Boschi, Aldo Bardelli ed Enzo Biagi. Collabora con la Rai come opinionista/editorialista sportivo.
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© foto di Federico De Luca

Nella notte della vergogna solo le squadre in campo hanno riabilitato l'evento tricolore, esprimendo vigore e passione dove fino a qualche minuto dall'inizio della partita avevano spadroneggiato il furore degli ultrà facinorosi e l'impotenza dei tutori dell'ordine. Il Napoli ha vinto con merito il suo trofeo, esprimendo una volta di più la potenza offensiva che avrebbe meritato miglior esito anche in campionato; la Fiorentina si è battuta più con abilità che con forza, confermando le qualità tattiche dei suoi condottieri - Montella in panchina e Borja Valero in campo - e la povertà di un attacco che non riesce a tradurre in gol una manovra spesso brillante. Come spesso gli è riuscito in una carriera di successo, Benitez s'è confermato Re di Coppe riuscendo a mostrare anche un assetto difensivo finalmente sicuro, soprattutto perché minacciato soltanto dai cross viola puntualmente respinti da Albiol e compagni con la collaborazione dell'onnipresente Callejon, fra i migliori in campo insieme all'implacabile Martens. Un segnale finalmente chiaro e preciso per un Napoli che avrebbe potuto competere anche nella lotta per lo scudetto se avesse curato a dovere la fase difensiva.
Questa finale resterà negli annali della Coppa Italia innanzitutto per gli incidenti che ne hanno ritardato l'inizio di quarantacinque minuti: il presidente del Senato Pietro Grasso, chiamato a premiare i protagonisti, vinti e vincitori, ha dovuto prender nota che il match - preceduto da gravi episodi di cronaca nera - s'è giocato per volontà di un capo ultrà e sicuramente si rifiuterà, in futuro, di farsi testimone illustre di tanta vergogna; per sua fortuna ha potuto consolarsi rituffandosi nella grande festa del suo Palermo tornato trionfalmente in Serie A qualche ora prima. Gli appassionati ricorderanno, invece, di avere assistito alla finalissima tricolore interpretata da una trentina di pedatori stranieri, sfacciata dimostrazione del male che affligge il calcio italiano anche sulla scena internazionale.

Continuo a sentir parlare di fatturati e di superstar inavvicinabili dai nostri modesti mercanti, ma la vera crisi è rappresentata proprio dalla progressiva invadenza di stranieri raramente di valore (per sua fortuna il Napoli ne possiede almeno cinque), generalmente bufale che mortificano i frutti dei vivai. Un momento d'orgoglio italiano è rappresentato da Insigne, il vero vincitore della sfida alla faccia dei tanti detrattori che di recente ne chiedevano anche la cessione. Lorenzo è il piccolo grande eroe per tutti noi che dall'azzurro napoletano traiamo lo spunto per pensare all'azzurro mondiale. Prandelli sa di avere un altro nome sicuro nel suo taccuino, un pensiero positivo proprio nella notte che ha forse allontanato la speranza di riavere Pepito Rossi, rientrato in gioco dopo cinque mesi di inattività senza aver potuto mostrare uno scampolo della sua risaputa bravura: Montella è stato generoso con lui ma ha sicuramente sottratto alla Fiorentina - proprio quando era in superiorità numerica - una fonte di energia e la qualità che serviva per frenare e metter sotto un Napoli occasionalmente allo sbando. Mentre De Laurentiis promette tre grandi rinforzi, Della Valle - più che mai desideroso di vincere qualcosa - dovrà pensare molto più in grande. La sfortuna ha demolito una Fiorentina promettente, la ricostruzione è un dovere per la società, un diritto del grande popolo viola.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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