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Conte, un solo titolo: lo hanno licenziato

di Italo Cucci
Nato a Sassocorvaro il 31 maggio 1939, allievo di Gianni Brera, Severo Boschi, Aldo Bardelli ed Enzo Biagi. Collabora con la Rai come opinionista/editorialista sportivo.
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© foto di Federico De Luca

Riflettete. Comunque ce la raccontino, la storia di Antonio Conte ha un solo titolo: lo hanno licenziato. Le rivelazioni, le ricostruzioni e i commenti non possono ignorare un dato di fondo: il tecnico voleva partecipare in termini decisivi alla campagna acquisti-cessioni della Juve, gli hanno detto di no, lui avrà risposto "allora me ne vado" e loro "vada pure, mettiamoci d'accordo e chiudiamola qui", e blabla blabla blabla, Esonero mascherato o dimissioni mascherate: cambia poco. Resta un dato incontestabile: nel calcio, sport politicamente scorretto dove l'importante non è partecipare ma vincere, non basta più neppure vincere. Ti accompagnano all'uscio lo stesso, magari con buone maniere, addirittura con lettere strappacore, encomi solenni, comunicati generosi e lacrimosi. Ma ti mollano, ti cacciano. Non è il primo, Conte, e non sarà l'ultimo, ma certo è diventato il Numero 1 anche in questa nuova serie dei telefilm "Sport Crime". Splendido vincitore di due scudetti, già dovette discutere un anno fa con chi gli guastava la famiglia, ad esempio allontanando Giaccherini e Marrone i quali direte che avevano poco peso e invece solo il tecnico sa cosa valgono i suoi giocatori, anche i più modesti: me lo spiegava Bearzot, ossessionato da chi gli chiedeva cosa voleva dire aver portato a Spagna 82 Marini e Selvaggi; "so io" - spiegava il Vecio. E certo Antonio Conte aveva una spiegazione per tutti. Ma volevano decidere gli altri, tutti quelli che hanno firmato la lettera d'addio,anche dopo il terzo scudetto, Andrea, Beppe, anche Pavel.


Ci scandalizziamo, spesso, per le decine di allenatori che annualmente vengono sollevati dalle panchine e sbattuti in mezzo a una strada o avviati a un pensionamento dorato; ce la prendiamo quasi sempre con Zamparini che ne ha esonerati cinquantatrè (scusate se sbaglio il numero, resta la sostanza), con Cellino che adesso se vorrà potrà esonerarne in Inghilterra; ma dimentichiamo che lo stesso Allegri è arrivato sulla panca di Conte dopo avere subito una cacciata umiliante, lui che aveva vinto uno scudetto miracoloso e perso dopo che gli avevano vuotato la squadra, magari per il capriccio di una giovane signora e di un papà che poi han preso Seedorf e l'hanno cacciato dopo che aveva lavorato bene e in ogni caso senza dirci perchè. E quanti altri, in passato, sono stati fatti fuori perché vincitori: i Padroni del Vapore non sopportano chi gli cresce accanto e addirittura li supera. A Zaccheroni è successo due volte. E anche a Sacchi. A Fabio Capello, "liberato" dopo aver fatto vincere il campionato al Real dei Galacticos che non vincevano mai. In passato al mitico Rocco, al mio amico Bernardini. Miodio quanti ne ho visti, e sentiti, di tecnici inopportunamente rimossi dopo la vittoria. Ho da poco tempo celebrato il ricordo di Manlio Scopigno, il ""filosofo" che vinse lo storico scudetto con il Cagliari e fu subito eliminato per una pipì sbagliata: nel suo nome è stato istituito un premio che la scorsa primavera è toccato a Conte; per carità, soltanto una coincidenza, ma chi ci pensava allora all'improvviso addio di Mister Intensità? Eppoi sento spesso dire, a commento della buona stagione di un tecnico: "Diventerà il nostro Ferguson". Già, Ferguson: chi era costui?

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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