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Alfredo Pedullá: "Incubo alla milanese"

di Redazione TMW
Fonte: Alfredopedulla.com
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© foto di Federico De Luca

C'era una volta Milano che dettava legge. Che vinceva e investiva, che collezionava coppe e spadroneggiava sul mercato. Quella Milano, da bere, ora è stata bevuta dalla classifica. Guardatela, viene malinconica, tristezza. E mortifica due tifoserie che sono state abituate troppo bene, caviale ogni giorno, per gradire un panino con mortadella pensando che possa soddisfare il palato e le esigenze.
Oggi è impossibile dire che sia più avanti, sulla strada della ricostruzione. Meglio, è più facile cavarsela così: sarebbe più avanti chi fosse nella condizione di investire, di rinfrescare gli organici con assi di briscola e non con semplici fanti o re. Non obbligatoriamente gente da 25 milioni cadauna, sappiamo che sotto quest'aspetto sarebbero pie illusioni. Ma basterebbe spendere bene i pochi soldi che ci sono in cassa. Senza vivere l'equivoco Torres, senza memorizzare che - passando da Mazzarri a Mancini - tutto quello che di bello o di meno bello avevi fatto in estate ormai non conta più. Di sicuro conta meno.
Il Milan si è affidato alla freschezza e alla passione di Pippo Inzaghi, un esordiente, pensando che sarebbe bastato per mascherare il resto. Una toppa, una bella toppa, ti serve per coprire il buco, ma non è detto che ti consenta di presentarsi al gran gala pensando di essere uno dei più eleganti. Fuori metafora: se il Milan restasse ancora fuori dalla Champions, per il secondo anno consecutivo, sarebbe una batosta che neanche il più ottimista dei Galliani potrebbe spiegare o giustificare. Meglio: potrebbe giustificare, gli alibi ci sono sempre e comunque, ma il Milan ancora ai margini dell'Europa che conta sarebbe come una carbonara con gli spaghetti scotti. Immangiabile.


L'Inter è vittima degli umori di Thohir, dei pentimenti improvvisi, dei proclami non mantenuti sull'allenatore, delle follie improvvise. Mancini è stato un passaggio obbligato perché con Mazzarri non si poteva più continuare. Sarebbe patetico dire che forse conveniva andare avanti con il vecchio allenatore, ormai scaricato dalla gente e da un gioco che mai era andato in rampa di lancio. Balbettii, alibi continui, colpe scaricate, inutile rivangare. Ma se prendi Mancini, la scelta migliore possibile, e prosciughi il tuo conto in panchina, devi poi immaginare che diventa automatico creare la squadra a immagine e somiglianza del nuovo condottiero. Lo sa Thohir questo, indipendentemente dalla disponibilità del Mancio di rinviare a giugno buona parte degli investimenti? Avevamo promosso il mercato estivo perché, senza soldi, era stato fatto il massimo. Ora serve altro: se prendi un allenatore come Robi sai che non è abituato a salire sul treno in corsa. E sai soprattutto che poi lo devi aiutare, tutelare, senza lasciarlo in braghe di tela. Sarebbe imperdonabile.
La classifica è talmente brutta che sembra davvero un incubo, più che un saporito risotto, alla milanese. Un doppio incubo. Dite che siamo appena a dicembre? Certo, il discorso non fa una grinza. Ma restano l'angoscia e gli strani presentimenti di due club abituati a comandare. E che si scandalizzavano quando stavano più giù del secondo o terzo gradino fisso del panorama nazionale.
C'era una volta la Milano da bere. Oggi bevuta da fatti e misfatti che procurano lancinanti mal di testa, ricordando i trionfi che furono.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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