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van der Meyde, un talento sciolto nell'alcool e nella droga

di Gaetano Mocciaro
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© foto di Federico De Luca

Nella stagione 2002-2003 tornava prepotentemente in Europa l'Ajax, vincitore della Champions nel 1995 e finalista l'anno successivo. Il club di Amsterdam, che da sempre ha affidato le sue fortune alla floridità del settore giovanile, dopo qualche anno di vacche magre aveva tirato su un gruppo di giovanotti formidabili, capaci di far tremare tutte le big del Vecchio Continente. Ne sa qualcosa il Milan, la cui Champions del 2003 è passata da un soffertissimo quarto di finale vinto nei minuti di recupero. Per i tifosi rossoneri quel Milan-Ajax rimane uno degli incontri più emozionanti di sempre. Quel gruppo di giovani, con l'approdo nelle migliori otto d'Europa, portarono alle casse del club un fiume di soldi necessario per coprire i debiti. Quella squadra guidata da Ronald Koeman aveva stelle come Zlatan Ibrahimovic, ma anche Chivu, Maxwell, van der Vaart, Sneijder, Heitinga, Mido, de Jong, Litmanen, Pienaar. Ed Andy van der Meyde. Quest'ultimo si mise in luce nella sera di San Siro del 23 aprile 2003 quando servì l'assist del provvisorio 1-1 di Litmanen e diede il la al 2-2 di Pienaar. Dario Simic, il suo marcatore all'epoca, visse una notte da incubo.

Classe 1979, van der Meyde si stava rivelando in quel periodo come una delle migliori ali europee, segnando a raffica in Olanda e sfornando assist a grappoli. Dick Advocaat lo fece esordire nel frattempo anche con la maglia della nazionale. Su di lui ci sono diversi club ma l'Inter è la più lesta di tutti e nell'estate 2003 per 8 milioni di euro lo acquista. Il club nerazzurro non conosce, o forse non prende in considerazione, il carattere irrequieto del giocatore che nelle notti di Amsterdam insieme a Ibrahimovic e Mido si sfidava in gare di velocità al volante di Mercedes, BMW e Ferrari. E in barba ai doveri di un bravo sportivo è anche fumatore.

L'approdo a Milano per van der Meyde, all'epoca 23 anni, è scioccante. Ed è lo stesso giocatore ad ammetterlo nella sua autobiografia, raccontando il suo passaggio dall'Ajax all'Inter come quello da un negozio di paese per una multinazionale. Dopo una settimana la nostalgia di casa è talmente forte che telefona al team manager implorandolo di riportarlo all'Ajax. Tuttavia la partenza è molto buona, Cuper gli da fiducia da subito e il 17 settembre 2003 in Champions League contro l'Arsenal trova un gol favoloso, un tiro al volo di destro che gonfia la rete e contribuisce allo storico 3-0 a Londra. I tifosi si fregano le mani, ma la stagione non va come sperato: la squadra tentenna, Cuper viene esonerato e al suo posto arriva Alberto Zaccheroni. Il nuovo allenatore dà fiducia subito all'olandese, ideale nel suo 3-4-3 e sprazzi di genio di van der Meyde si vedono, soprattutto nella partita contro la Reggina, dove domina la scena e segna un gran gol in una partita vinta 6-0. Sarà un altro fuoco di paglia, perché l'olandese inizierà a giocare meno, fino a quasi scomparire dalla scena. Un altro lampo lo si avrà in una sera di gennaio in coppa Italia contro l'Udinese, dove segnerà il terzo gol stagionale direttamente su punizione. Del resto il cammino è piuttosto deludente e a fine anno saranno 25 presenze complessive tra campionato e coppe, con tre reti. Nonostante il ruolino di marcia non irresistibile il ct olandese lo porterà agli Europei in Portogallo.

L'Inter decide di dargli una seconda chance: nel frattempo in panchina si è seduto Roberto Mancini. Ma il nuovo tecnico non lo vede molto e lo schiera appena in 18 occasioni in campionato, più altre 11 nelle coppe dove segnerà un solo golletto, in Champions contro il Valencia in un altro storico successo: 5-1 al Mestalla. Troppo poco per meritare un'altra conferma e nell'estate del 2005 il club decide di dare il benservito al giocatore. Che però non riesce a trovare nessun acquirente fino all'ultimo giorno di mercato. Potrebbe finire al Monaco, ma a stoppare il trasferimento è la moglie del giocatore. Il motivo? Malata di animali, la signora van der Meyde aveva reso la casa praticamente uno zoo, con cani, cavalli, tartarughe, zebre e persino un cammello. E considerato che a Montecarlo c'erano solo appartamenti non era possibile trasferire tutto lo zoo. Il 31 agosto arriva però l'offerta dell'Everton, 37mila euro a settimana, il doppio di quanto prende all'Inter. E il giocatore accetta al volo.

A Liverpool va pure peggio che a Milano. Gli infortuni ne condizionano la prima stagione e il giocatore inizia a farsi notare per le notti brave nei locali della città, dove passa da sbronze colossali (arriverà a presentarsi agli allenamenti dopo essersi scolato una bottiglia di rhum) all'assunzione di droghe. Passando da una donna all'altra, incurante della fede nuziale. Tanto che la moglie si accorgerà delle numerose tresche e lo farà seguire da un detective, incastrandolo e negandogli di vedere i figli. La situazione precipita sempre più, van der Meyde cade in un vortice depressivo, accentuato anche dai pessimi rapporti con David Moyes, tecnico dell'Everton. Dopo due anni da incubo, entrato nel tunnel della droga e dell'alcool, decide di lasciare Liverpool: "Altimenti sarei morto" afferma lo stesso van der Meyde.

Gli anni nel frattempo sono passati, il suo talento annacquato da litri di rhum e non c'è nessuno disposto a dargli una chance. Alla fine arriva il PSV Eindhoven, ma si capisce che il giocatore ormai è inadeguato per certi livelli. E infatti non scenderà mai in campo. In compenso si inimicherà sia i tifosi de PSV, che non lo vogliono per via di un tatuaggio con scritto "Ajax" in gotico, sia quelli dell'Ajax proprio per averlo cancellato pur di giocare nel PSV. Una vera e propria frittata. Alla fine dell'infruttuosa esperienza a Eindhoven Andy van der Meyde si ritrova disoccupato e si dedica a scrivere la sua autobiografia. Il suo obiettivo è ora quello di allenare i ragazzi, insegnandogli a non cadere negli errori in cui è caduto lui, un talento bruciato troppo in fretta.

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