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Rivaldo: bidone al Milan, campione dalla Spagna all'Angola. Goleador a 41 anni

di Gaetano Mocciaro
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A vederlo con quell'incedere lento, indolente, innocuo in molti si saranno chiesti: ma come avrà fatto a vincere solo 3 anni prima il pallone d'oro? Succede anche questo nel calcio, succede che quello che era il giocatore più forte al mondo non appena sbarca in Italia diventi un flop clamoroso. Se non altro non costò nulla di cartellino. Il giocatore in questione è Rivaldo Vítor Borba Ferreira , più semplicemente Rivaldo.

E dire che poteva arrivare in Italia molto prima. Era il 1996 e Rivaldo aveva già imparato a farsi conoscere in Brasile: già nel giro della Seleçao da tre anni, vanta una medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atlanta e fa magie con la maglia del Palmeiras. Col Verdão in 3 stagioni segna la bellezza di 60 reti. Il club all'epoca è controllato dalla Parmalat della famiglia Tanzi, proprietaria del Parma. Chiara la corsia preferenziale verso l'Emilia. E infatti il club ne annuncia l'acquisto: suo, di Cafu e Amaral. Costo dell'operazione per il solo attaccante 6 milioni di lire. Dopo le olimpiadi, però, si inserisce il Deportivo La Coruña che fa leva sulla volontà del giocatore di andare in Spagna. E così è: Rivaldo prende le valigie e va in Galizia. Per la cronaca il Parma non prenderà nemmeno Cafu e, cosa ancora più grave, rimarrà col solo Amaral...

Al Deportivo Rivaldo deve rimpiazzare il mito Bebeto e lo fa alla grande: 21 reti in 41 partite che lo issano a stella della Liga, insieme a Ronaldo del Barcellona. A fine stagione, siamo nel 1997, proprio il Fenomeno lascia la Catalogna con l'Inter che paga la clausola rescissoria di 48 miliardi di lire e lo veste di nerazzurro. I blaugrana, orfani del miglior giocatore del mondo, pensano proprio a Rivaldo come rimpiazzo e della cifra incassata ne reinvestono 37.

Il giocatore ci mette pochissimo a diventare fondamentale per il Barcellona: vince 2 campionati, una coppa di Spagna, un titolo di capocannoniere della Champions League. Confeziona magie e diventa allo stesso tempo importantissimo per la Nazionale brasiliana. Non manca qualche macchia, come il rapporto a sua detta pessimo con Louis van Gaal. Con l'olandese va tutto alla grande all'inizio. O meglio, i due in realtà si sopportano grazie ai risultati. La squadra vince due campionati su 2, Rivaldo è il trascinatore e le sue gesta gli valgono nel 1999 persino il pallone d'oro. E proprio quando questi iniziano a mancare che le crepe del rapporto si paleseranno. Il primo round lo vince il brasliano, van Gaal saluta nel 2000 e va ad allenare l'Olanda.

Intanto, le italiane ricominciano a farsi vive per il giocatore. Estate 2001, la Lazio ha già dato via Veron al Manchester United e Nedved sta per andare alla Juventus. Sergio Cragnotti, presidente dei biancocelesti, tenta il colpaccio per calmare la tifoseria e punta proprio su Rivaldo. Le parti flirtano da almeno un anno e trovano un accordo: 12 miliardi all'anno per 5 anni. Peccato che a bloccare tutto sia il Barcellona, che ritiene l'attaccante incedibile. Cragnotti ripiegherà su Mendieta, pescando uno dei più clamorosi flop della storia.
L'appuntamento con l'Italia è rimandato di un solo anno. Nell'estate 2002 il Barcellona richiama Louis van Gaal, che ha le idee chiare: l'odiato Rivaldo non rientra nei piani. Dove andare? C'è intanto un mondiale da giocare, l'occasione per mettersi in vetrina. In Corea e Giappone Rivaldo gioca alla grande: 5 reti segnate e titolo di campione del mondo. Al ritorno dalla spedizione asiatica il giocatore rescinde il suo contratto col Barcellona: è sulla piazza e a spuntarla è il Milan che gli offre un ricco triennale, che si avvicina ai 6 milioni di euro a stagione. Unanime la reazione dell'epoca: lodi ai rossoneri, autori di un vero colpaccio. E poco importa che solo qualche mese prima Adriano Galliani aveva giurato che mai più nessun brasiliano avrebbe vestito la maglia rossonera (troppi i viaggi intercontinentali che ne condizionavano il rendimento). Al momento dell'acquisto l'ad ammetterà che Rivaldo era un'occasione troppo ghiotta e quindi la classica eccezione alla regola.

Il giocatore è presentato davanti a un pubblico in delirio, l'acquisto successivo di Nesta fa sognare lo scudetto. L'esordio in campionato è a Modena. I rossoneri dominano e segnano 3 gol. Rivaldo entra a gara iniziata, negli ultimi venti minuti. E segnerebbe subito un gol, e che gol: assist rasoterra di Serginho e colpo di tacco spettacolare a superare il portiere. La gioia dura pochissimo, Rivaldo era in fuorigioco. Peccato davvero, esordire con un gol così poteva davvero dare una grande fiducia.

Il gol è rimandato di qualche settimana, quando segna sul campo dell'Atalanta. Una buona prestazione nel derby con l'Inter (assist vincente per Serginho) e poi inizia a spegnersi. Non trova la rete, entra nel tunnel della crisi. Si notano soprattutto i difetti del giocatore: lento, lentissimo, troppo per i ritmi del calcio italiano. Poca cattiveria, pochissimo lavoro di squadra, lampi centellinati al minimo sindacale. Ancelotti nella prima parte di stagione gli dà fiducia incondizionata, poi capisce che non è cosa e inizia a relegarlo in panchina: una volta, due volte, fino a uscire del tutto dai titolari. Nel corso dell'anno spara ancora qualche cartuccia, come il rigore decisivo contro la Lokomotiv Mosca che vale la qualificazione ai quarti di finale di Champions League. Ma nella coppa dalle grandi orecchie, quando le gare iniziano a contare tantissimo, non mette praticamente piede. Il Milan vincerà la coppa, Rivaldo nella finale di Manchester non metterà piede. Si dovrà consolare in un'altra finale, quella di coppa Italia, dove va in gol contro la Roma. A fine stagione il flop di Rivaldo è solo camuffato dai trionfi rossoneri.

In estate la dirigenza capisce che non si può puntare sul giocatore e pesca dal Sao Paulo un giovane di belle speranze: Ricardo Izecson dos Santos Leite, meglio noto come Kakà. Il nuovo acquisto incanta da subito. E con Rui Costa come primo rincalzo per Rivaldo non c'è più spazio ed è lo stesso giocatore a decidere di andar via. Un pomeriggio di fine settembre, prima della partita col Lecce, il giocatore fa il giro del campo per salutare i tifosi. Riceve una valanga di applausi, lo commuovono e sorprendono allo stesso tempo. La rescissione è congelata, il giocatore si dà tempo fino a dicembre per tirare le somme. Rescinderà prima, a novembre, quasi in silenzio. Incredibile se si pensa al valore del giocatore.

La sua carriera, destinata a volgere verso la fine. Niente di più sbagliato: dopo una parentesi al Cruzeiro il giocatore torna in Europa e resta 4 anni in Grecia, incantando e vincendo con le maglie di Olympiakos e AEK Atene. Poi due anni in Uzbekistan, attirato dalla valanga di denari offerti dall'ambizioso Bunyodkor. A fine 2010 il ritorno al Mogi Mirim, dove diventa presidente e giocatore. Una puntata ancora in un club di livello, il Sao Paulo e di nuovo un'avventura esotica, stavolta in Angola, al Kabuscorp. Infine il ritorno in patria dove all'età di 41 anni gioca ancora. La sua classe è a disposizione del Sao Caetano fino a dicembre. Il futuro? Ancora da scrivere...

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