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Il pianto del Borussia, sedici anni gettati via

di Andrea Losapio
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Tre stagioni fa, con la Bundesliga ai nastri di partenza, gettai un occhio sul Borussia Dortmund. Una squadra incredibilmente giovane, composta da ragazzini che sembravano come radiocomandati. In tanti dicevano potesse essere l'anno del Bayer Leverkusen di Stefan Kiessling e Michael Ballack, di René Adler e soprattutto di Jupp Heynckes. Non era una corazzata, ma Arturo Vidal in quel centrocampo sembrava un assoluto protagonista, un craque da seguire con attenzione come fosse un grandissimo a livello intercontinentale. Lo diventerà, non con le Aspirine, ma questa è decisamente un'altra storia. Jupp Heynckes dominò l'andata, davvero, la dominò. Sembrava che il suo Bayer fosse indistruttibile, invincibile. Inappellabile. La sua calma era di stimolo per una squadra formata da giovanissimi campioni, meglio del Bayern Monaco di van Gaal prima e Jonker poi. Quello che, per inciso, l'anno prima aveva rischiato il triplete, come se fosse una cosa normale.
Ma parlavamo del Borussia, metà 2010. C'era questa squadra, magnifica, con questo tifo innaturale. Uno stadio, quello di Dortmund che sembrava il portafortuna della nazionale fino alla semifinale 2006 (e non c'è bisogno di riparlarne). Alla fine, più che dei Panzer, del Borussia. E questo allenatore che arrivava da Magonza, da una società che prima è arrivata in Europa League e poi è retrocessa. E non è più salita. Estate 2008, non proprio qualche mese prima.


Perché questo undici di ragazzini, tra cui Nuri Sahin e Lucas Barrios. Mario Gotze diciassettenne e Mats Hummels, Neven Subotic accostato alla FIorentina - preso da chissà dove in America - e Marcel Schmelzer non sembrava solamente più forte. Era davvero invincibile. Inespugnabile. Ingiocabile. Come il mostro dei videogame, quello finale, che in qualche modo con un colpo di coda ti mette ko. Shinji Kagawa, per dirne uno, ieri notte sarebbe stato determinante prendendo il posto di Gotze, inquadrato più volte e quasi in lacrime dopo la fine della partita. Non è semplice pensare a sedici anni di sacrifici - tanto durava l'astinenza del Dortmund dall'ultima finale europea - gettati via così, all'89esimo di una partita certamente sofferta, ma che poteva girare negli episodi. Il fallaccio di Dante su Reus in occasione del rigore è chiaramente da espulsione - e l'arbitro italiano ha fatto una pessima figura, condizionando il finale di match - e questo è un dato di fatto. Però, alla fine, gli invincibili del Borussia Dortmund hanno abdicato nel momento peggiore. Squallido luogo comune, perché nel gioco è stato almeno alla pari del Bayern campione di tutto. In una finale che, con Wembley stadio dei sogni, ha avuto tutt'altro che un epilogo scontato e indegno. Sono passati tre anni, Gotze andrà al Bayern, ma i New Kings of the Bundesliga rimarranno nella storia. Certo, chi arriva secondo viene dimenticato. Ma tutti quelli che ieri hanno tifato Borussia - e non ero l'unico, dopo tre anni di successi - si ricorderanno della maglia a strisce giallonere, oltre alla tremenda beffa confezionata Ribery Robben. Hanno vinto i più forti, onore al merito. Ma la favola è un'altra...

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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