Il fascino discreto dell'Inter. Ma Ranocchia non è da vendere
Non è da tutti rifiutare un contratto da 2,2 milioni di euro annui per aspettare un'altra offerta. Soprattutto quando l'importo, già conosciuto, è di molto inferiore. Aleksandar Dragovic, difensore austriaco del Basilea, ha già le idee chiare. Vuole vestire la maglia dell'Inter, ma serve un'offerta da 8 milioni di euro per la società svizzera. Il quadriennale, poi, sarà da 1,1 milioni di euro a stagione, praticamente la metà di quanto offerto dalla Dinamo Kiev, vicinissima negli scorsi giorni allo stopper, una delle tante rivelazioni dell'Europa League. E, soprattutto, della formazione elvetica, che ha mostrato un ottimo calcio e ha sfiorato la partecipazione alla finale poi vinta dal Chelsea. È sicuramente un bell'attestato di stima, quello di Dragovic, perché in un momento in cui il movimento italiano è al di sotto degli standard raggiunti nello scorso secolo, è difficile rifiutare certe possibilità. "Meglio la carriera dei soldi", e forse l'Italia rimane una vetrina più ambita del freddo di Kiev e della Ukrainan Premier League.
Insomma, se Dragovic dovesse arrivare sarebbe un altro bel tassello per la difesa di Walter Mazzarri. Che, però, rischia di perdere un altro puntello importante, forse il migliore - in prospettiva - della retroguardia interista. Andrea Ranocchia ha venticinque anni, sta per entrare nella fase migliore della sua carriera e ha già un'esperienza internazionale importante, tanto più che dopo due stagioni così così non può far altro che rilanciarsi in tutto e per tutto. Poiché, oltre al campionato in sé, c'è un posto in Brasile da conquistare. Difficile credere che l'involuzione di Ranocchia sia completamente da imputare a lui, perché la difesa ballerina non è solo colpa delle sue amnesie, anzi. Quindi, qualora dovessero arrivare offerte di scambio - come quella prospettata con il Milan con Nocerino - l'Inter deve avere la forza per dire di no. Non sarà semplice, ma in caso contrario si andrebbe solo a rinforzare una rivale. E rimpiangerlo come Pirlo e Seedorf, per dirne due.