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Giocondo Martorelli: "Ecco come nacque il mio rapporto con Beppe Bergomi"

di Chiara Biondini
Fonte: Di Alessio Alaimo per TMWmagazine
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© foto di Federico De Luca 2013

"Correttezza prima di tutto". Provate a chiedere in giro di Giocondo Martorelli, agente Fifa dalla pluriennale esperienza. Difficilmente qualcuno ve ne parlerà male. Rispetto e attenzione verso i suoi assistiti e anche per i colleghi. Perché mettere i bastoni tra le ruote a chi fa il suo stesso lavoro, non è abitudine di Martorelli, che sceglie TMWMAGAZINE per raccontare la sua esperienza.

Martorelli agente Fifa, perché? "Tutto nasce dalla grande passione per il calcio che ho sempre avuto. Vengo da un paese molto piccolo, Vibonati, lì sono rimasto fino al liceo e poi mi sono trasferito a Firenze, dove ho avuto dei contatti importanti che mi mettevano in buoni rapporti con alcuni calciatori dell'Inter. Parlo della fine degli anni '70. I primi giocatori che ho conosciuto sono stati Muraro, Bini e Canuti".

E poi, Beppe Bergomi... "Era ancora un ragazzino. Quando è tornato dal Mondiale era già campione del mondo e il nostro rapporto s'è sempre più intensificato. Anche se i primi tempi era un rapporto un po' particolare: prima non c'erano cellulari o social network. La grande passione per il calcio mi ha portato ad innamorarmi di questo ambiente e così ho fatto l'esame da procuratore italiano e poi quello da agente Fifa. Il mio primo giocatore è stato, appunto, Beppe Bergomi. Ci lega un rapporto fraterno, una delle cose più belle che mi ha dato il calcio".

Quando scatta la scintilla? "Gli studi di giurisprudenza hanno fatto si che mi avvicinassi sempre di più a questo mondo, la molla me l'ha data Beppe Bergomi grazie al nostro grande rapporto. Ma non solo lui: vorrei citare anche ragazzi che ho cresciuto dalle giovanili, forse dimenticherò qualcuno ma Passoni, Dei, Rossetti, Danilevicius e altri calciatori che sono stati con me fin dalla gioventù non li dimenticherò mai. E ancora oggi abbiamo un bel rapporto".

Ha mai avuto un modello da seguire? "No, non c'è. In quel momento eravamo pochissimi. Io ho la tessera numero 40, oggi siamo tanti. Ai tempi avevo un bel rapporto con Luciano Marangon, un ragazzo sveglio, simpatico. Ma non c'era un modello da seguire, perché eravamo davvero pochi". Dicono degli agenti: "I padroni del calciomercato".

Che ne pensa? "Non è una cosa che condivido. Il calciatore è la figura dominante del sistema calcio, è giusto che sia sempre lui, perché senza non c'è procuratore che faccia valere le sue qualità. Se non c'è Messi non c'è il suo agente. Il nostro ruolo è stato ingigantito, amplificato dal sistema. D'altra parte, in un mondo in cui regna la comunicazione, è difficile poter arginare questo tipo di situazione".

Il suo rapporto con la stampa? "Ottimo. Penso di avere rispetto verso coloro i quali lavorano, do sempre la mia disponibilità, cerco di essere sempre corretto, leale. Non vivo la stampa come una situazione pesante. Anzi, ho grande rispetto per chi fa il vostro lavoro. Oggi però a volte si va alla ricerca della notizia che magari non c'è".

Sincero: ha mai provato a prendere un giocatore di un altro agente e viceversa? "Non voglio apparire come colui che ha l'aureola. In trent'anni di attività non ho mai avuto un atteggiamento irriguardoso verso un collega. Mentre qualcun altro, nei miei confronti lo ha fatto. E questa è la cosa più brutta che ci possa essere dal punto di vista deontologico. La cosa che più mi gratifica è il rapporto di grande stima ed affetto con tutti i calciatori che ho avuto ed ho ancora. Molti li ho visti crescere".

Il prossimo predestinato è Giacomo Bonaventura. "Giacomo l'ho visto crescere. Il nostro è un rapporto importante, è un ragazzo di grande equilibrio e maturità. Rappresenta quello che è l'aspetto sano di questo mondo. A volte si considera il calciatore un po' superficiale, frivolo. E invece ci sono ragazzi come Giacomo che hanno un equilibrio e una grande maturità, una cultura che ti rende orgoglioso di seguire la sua crescita".

Chi è Giocondo Martorelli fuori dal campo? "Un buon padre di famiglia che ama i suoi cari più di ogni altra cosa. Amo mia moglie Barbara e i miei due gioielli, Carlo e Giulia. Penso di comportarmi da buon padre di famiglia e di dare ai miei ragazzi quell'educazione che i miei genitori hanno saputo inculcarmi. Mio figlio Carlo ha quattordici anni, gioca nella Fiorentina, gli ho sempre fatto capire che il calcio deve viverlo divertendosi. Non sempre però se ti occupi di calcio tuo figlio deve fare il calciatore, ecco perché gli ho detto che deve essere qualcosa di naturale. Poi il tempo dirà se è bravo oppure no. Ma non ho mai pensato che lui dovesse fare il calciatore solo perché io lavoro in questo mondo".

Il suo rapporto con i colleghi? "Credo di avere un buon rapporto con tutti, mi ritengo una persona corretta. Poi ci sono delle pecore nere che non stimo e non saluto. Di persone scorrette ce ne sono".

Il giocatore che non ha reso secondo le aspettative? "Avrei scommesso qualcosa, anche il dito di una mano su Giacomo Bonora, ragazzo del 1980, ex Primavera della Fiorentina. Un esterno sinistro nato per giocare a calcio, talento puro. Ma purtroppo si è perso, mi dispiace molto".

I prossimi talenti di cui sentiremo parlare? "Nell'Atalanta c'è Ungaro, un giocatore di prospettiva. Poi nella Juve c'è Vannucchi, portiere classe '95 e attenzione a Panatti, '93 della Fiorentina".

La sua ultima vacanza? "Castiglioncello... evento meraviglioso organizzato da TuttoMercatoWeb. Un'organizzazione perfetta, che migliora di anno in anno. E vi faccio i complimenti".

La prossima? "Il nostro è un lavoro particolare, non abbiamo mai giorni di vacanza. Faccio un esempio: ho fatto le vacanze di Natale sempre al cellulare, perché dovevo fare il trasferimento di Danilevicius al Latina. I giorni che sono intercorsi dal 24 dicembre fino a capodanno sono stato al telefono con la presidentessa del Latina, una donna straordinaria, ma tutti i giorni mi chiamava... era un piacere parlarle, però erano giorni di lavoro".

E la sua famiglia, come vive il suo lavoro? "Ho una grande fortuna: Barbara, mia moglie è straordinaria. Sa qual è il mio lavoro. E i miei due figli non me lo fanno mai pesare. Quando torno a casa trovo sempre grande allegria che mi fa dimenticare la stanchezza, riesco a staccare grazie a loro".

Quante volte parla di calcio a casa? "Di lavoro mai. Di calcio con mio figlio sì, perché vediamo le partite sul divano, comincia a farmi qualche domanda. E cerca di avere dei confronti. Questo mi fa piacere".

Quanto si sente tutelato dalla Federazione come agente? "Poco. Veniamo considerati tutti come delle pecore nere. Siamo riconosciuti solo quando ci devono fare le multe... molte cose andrebbero riviste. Ci vorrebbe maggiore tutela. Ai poteri forti, coloro i quali devono prendere decisioni, spero arrivino persone che conoscono questo mondo".

Una delusione in carriera? "Un ragazzo che è andato in serie A firmando un contratto di cinque anni, poi ha consentito che i miei guadagni andassero a qualcun altro. Spero rifletta...".

Questa è facile, la più grande soddisfazione? "Il mio pensiero va sempre a lui: Beppe Bergomi. Ma non posso non posso ringraziare tutti".

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