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Armando Izzo: "Dall'Arci Scampia ad Avellino, una bellissima avventura"

di Stefano Sica
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© foto di Prospero Scolpini/TuttoLegaPro.com

"Il mio sogno professionale? Quello di tutti i calciatori: indossare la maglia della Nazionale. Il Napoli? Magari, da napoletano il San Paolo suscita sempre emozioni particolari ma adesso non stacchiamoci troppo dalla realtà". Armando Izzo, centrale difensivo dell'Avellino, si confessa a cuore aperto in una lunga intervista rilasciata a Iamnaples.it, iniziando a parlare dei suoi primi calci: "Come tutti gli scugnizzi, giocavo molto per strada durante l'infanzia. A 13 anni, poi, mio zio Mimmo Micallo, operatore calcistico in Campania, mi convinse ad iscrivermi alla scuola calcio, precisamente all'Arci Scampia. Ricordo sicuramente con affetto Antonio Piccolo, dirigente dell'Arci Scampia che mi ha aiutato tantissimo. Non avevo neanche i soldi per comprare le scarpe, poi, quando avevo qualche dubbio su continuare o meno nel giocare a calcio, mi convinceva ad andare agli allenamenti. Quando ho pensato di smettere? Spesso, soprattutto quando è morto mio padre, sia per il dolore che per le difficoltà economiche di mia madre. Servivano i soldi in casa e il calcio mi sembrava secondario in quel momento. E' stato sicuramente importante il Napoli". Facile intuirne le ragioni: "Mi spiego, l'ex responsabile del settore giovanile del Napoli Peppe Santoro contattò Antonio Piccolo e decise di acquistarmi. La maglia azzurra, l'approdo ad una realtà professionistica, la sensazione che il calcio stesse diventando un aspetto più serio della mia vita mi hanno convinto a continuare. La mia vita è un'avventura, sempre in salita (ride, ndr). Sono arrivato al Napoli nell'età dei Giovanissimi Nazionali, ma disputavo il campionato Miniallievi regionali con mister Mollo. Una persona che ringrazio moltissimo; quando tutti mi scartavano perché non avevo la struttura fisica necessaria, lui ha sempre creduto in me. Ho avuto dei periodi difficili, mi ricordo quando il dirigente Cristiano Mozzillo (attuale segretario del settore giovanile del Napoli) m'inseguiva per portarmi agli allenamenti. Mi stavo abbandonando anche fisicamente e lui m'invitava costantemente ad andare al campo. Successivamente ho conosciuto il mio procuratore Paolo Palermo che mi ha seguito durante il torneo di Arco di Trento, quando giocavo negli Allievi Nazionali. Mi veniva a prendere e mi portava al campo, è stato lui a trasmettere la determinazione e la mentalità necessaria per intraprendere nel calcio un percorso da professionista". Una strada che ora sta dando le soddisfazioni sperate: "Le prime stagioni sono state condizionate dai miei problemi personali. In Primavera ho provato anche la soddisfazione di fare il capitano con mister Miggiano fino a quando ebbi degli scontri di gioco in allenamento con Signorelli e Fornito. Fu una stagione particolare, avemmo un calo vertiginoso dopo il torneo di Viareggio. Voglio chiarire che non fu colpa di Miggiano, una bravissima persona che fino a quel momento aveva retto bene il gruppo. Fummo noi a mollare, prevalevano i ragionamenti sul futuro, sul prosieguo delle nostre carriere piuttosto che il pensiero agli impegni del campionato Primavera. La vittoria del campionato Berretti è un bellissimo ricordo; Gatto, Colella, De Vena, Guerra ed io della Primavera andammo a disputare le fasi finali del campionato Berretti. Mister Mollo mi disse: "Ho bisogno di te" e mi tuffai subito in quell'avventura. Ho provato anche la gioia di segnare nella gara d'andata della finale contro il Brescia al "Kennedy"; con il mio gol pareggiammo 1-1 per poi vincere 2-1 a Brescia.

La convocazione in prima squadra? Mi viene in mente subito un aneddoto: era l'estate del 2010, dovevamo partire per Folgaria ma non avevo neanche i soldi per le scarpe da calcio. Mazzarri non ci pensò due volte e chiese al preparatore dei portieri Papale di comprarmi delle scarpe; il mister così finanziò la mia partecipazione al ritiro (ride, ndr). Un bellissimo gesto che non dimenticherò mai, così come quello di Paolo Cannavaro che mi ha fatto un regalo quando è nata mia figlia, Aurora, una bambina che adoro. E' una grandissima responsabilità, un evento che mi ha aiutato molto; infatti, la nascita di Aurora ha fatto in modo che acquisissi la concentrazione e la determinazione necessaria per fare bene nella mia avventura nel mondo del calcio. Sto vivendo tutto con molta più serietà ed applicazione; lo devo ad Aurora, alla mia ragazza Titti e soprattutto a mia madre che mi ha sostenuto in tutti i miei sacrifici". Poi il passaggio in maglia alabardata: "Sono passato alla Triestina in prestito con diritto di riscatto della metà fissato alla cifra di mille euro; prima del trasferimento, il Napoli mi ha fatto sottoscrivere il mio primo contratto da professionista, una grande soddisfazione raggiunta grazie al mio procuratore Paolo Palermo, un'altra persona che ha sempre creduto in me e che mi ha accompagnato in tutti i miei sacrifici. Trieste è una bellissima città, la presenza del mare mi ha aiutato a sopportare di più il clima freddo e piovoso del profondo Nord. A Trieste ho conosciuto la bora, non sapevo neanche cosa fosse. Fortunatamente il mio procuratore veniva spesso ad Udine a trovare Floro Flores e mi raggiungeva a Trieste facendomi sentire meno solo. A Gennaio è arrivata la chiamata dell'Avellino; la Triestina aveva gravi problemi societari, con Galderisi, che s'affidava agli esperti, non riuscivo a giocare molto e, visto anche il grande valore della piazza irpina, ho subito accettato l'offerta. Sono passato all'Avellino in comproprietà gratuita, il direttore sportivo Riccardo Bigon aveva dei legittimi dubbi sul mio valore ed allora ha deciso di concedere la metà del cartellino alla società biancoverde, vista anche l'insistenza del ds De Vito. Ad Avellino sono riuscito anche a vincere una scommessa con il mio procuratore. Prima di andare a Trieste, mi disse: "Se raggiungi la quota di 20 presenze in Lega Pro, ti regalo una Smart". Sono arrivato a quota 22, 14 con la maglia della Triestina e 8 con l'Avellino e così mi sono guadagnato l'automobile (ride, ndr)". Quindi il capitolo irpino: "Quando sono arrivato ad Avellino, essendo un giovane, ero preoccupato di non riuscire a trovare molto spazio; molto presto, invece, il tecnico Bucaro mi ha dato fiducia. Mi ha aiutato molto anche il mio carattere; credo molto in me stesso e vado sempre avanti per la mia strada. All'inizio di questa stagione, invece, avevo due giornate di squalifica e due difensori esperti come Fabbro e Giosa davanti. Sono riuscito, però, a trovare spazio; ho debuttato a Frosinone e non giocai neanche bene, poi l'esordio in casa, al "Partenio" contro il Sorrento. Avevo visto lo stadio dell'Avellino soltanto in tv, in occasione della finale dei play-off di Serie C contro il Napoli. I tifosi sono molto calorosi e ti incitano dal primo all'ultimo minuto. Credo di non aver fatto ancora nulla. Come ti dicevo prima, credo in me stesso e guardo avanti sempre verso obiettivi più importanti. Dove voglio essere la prossima stagione? In serie B con l'Avellino. Stiamo lottando per la promozione, mancano sette partite e daremo tutto per ottenere questo risultato. Rastelli mi ha dato grande fiducia, ho già totalizzato quattordici presenze in campionato (dodici da titolare, ndr) e voglio continuare a far bene".

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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