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Sergio Zárate e la metamorfosi: da Ratón a Paolo Belli

di Gaetano Mocciaro
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© foto di Federico De Luca

È arrivato in Italia col nomignolo di "Ratón" ha lasciato col soprannome "Paolo Belli" per l'incredibile somiglianza con l'ex leader dei Ladri di Biciclette. Parliamo di Sergio Fabián Zárate, fratello maggiore del laziale Mauro, approdato 16 anni prima di quest'ultimo per rinforzare la rosa dell'Ancona che nel 1992 si apprestava a iniziare il primo storico campionato in Serie A. Era l'anno dell'apertura totale delle frontiere, si potevano acquistare illimitati stranieri pur potendone schierare solo 3. I marchigiani vanno a pescare l'attaccante che può fare al caso loro in Germania: nel Norimberga c'è una punta piccola e guizzante, perfetta per il contropiede, l'ideale per chi anzitutto punta al non prenderle per poi sfruttare le ripartenze. Il giocatore in questione è proprio Zarate, detto "El Ratón", il topolino, non per l'aspetto fisico ma per la sua corsa rapida. I tifosi sognano la salvezza a suon di gol in coppia col "Condor" Massimo Agostini, innescati dal piede elegante dell'ungherese Lajos Detari. Invece sin dalle prime giornate la situazione è tutt'altro che allegra: l'Ancona crolla 4-1 col Torino alla prima. Zarate, numero sette sulle spalle, dura solo 58 minuti prima di lasciare il posto a Nicola Caccia. Già alla seconda giornata il tecnico Vincenzo Guerini lo lascia in panchina, lanciandolo a 13 minuti dalla fine contro la Sampdoria. Ultimi venti minuti contro la Fiorentina, poi torna titolare venendo costantemente e scientificamente sostituito. In un campionato che passerà alla storia per il record di gol il giocatore riesce nell'impresa di sbagliare tutto il possibile immaginabile, quando ne ha l'occasione.

In quel periodo ogni lunedì sera c'è un appuntamento diventato un cult per la televisione: "Mai dire gol" e Zarate diventa suo malgrado il beniamino della Gialappa's Band, che ironizza sia sulle prestazioni deficitarie del giocatore, totalmente inadeguato alla Serie A, sia per l'incredibile somiglianza col cantante Paolo Belli, che all'epoca portava i capelli lunghi, proprio come Zarate. Indicativo quello che mi disse lo stesso cantante a proposito, quando lo intervistai un anno fa: "Ricordo che il tecnico dell'Ancona, Vincenzo Guerini, un giorno mi disse: "Paolo, ma lo sai che Zarate è uguale uguale a te? Solo che lui corre più piano!" e giù a ridere. Povero Zarate. Ma l'argentino per non lasciare in maniera totalmente fallimentare l'Italia almeno il suo quarto d'ora di celebrità doveva pur trovarlo. Così succede che il Foggia di Zdenek Zeman, che aveva venduto tutti i gioielli prendendo giocatori di C1 e C2, riesce nell'impresa di far segnare ben due reti al giocatore, già consapevole di essere sul piede di partenza. Per lui altri spezzoni di gara senza lasciare il segno. A fine stagione tutto ritorna come prima: l'Ancona di nuovo in B e Zarate di nuovo al Norimberga, facendo tra l'altro un bel campionato. Poi sarà Messico e Argentina prima di intraprendere la carriera di procuratore. Ad Ancona si sorride amaro: è vero, era un flop clamoroso. Ma almeno quando c'era lui si era in Serie A...

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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