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Senatori a vita

di Alessio Calfapietra
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© foto di Giacomo Morini

Il campionato appena concluso resterà agli annali per diversi motivi. Il primo è lo scarso livello qualitativo che ha coinvolto tutte le squadre, Juventus e Milan escluse, in un generale livellamento verso il basso. Basta scorrere la classifica per vedere come l'Udinese abbia ottenuto l'ultimo posto per la Champions con sei punti in meno del Napoli dello scorso anno, in una lotta estesa a quattro-cinque formazioni che hanno fatto di tutto per aspettarsi, rallentare, ripartire e dare continuamente nuove speranze alle avversarie.
Il secondo è il ritorno al titolo da parte della Juventus a sei anni dal ciclone di Calciopoli. Sarebbe sin troppo scontato affermare che i bianconeri hanno disputato un torneo esemplare senza perdere nemmeno una partita, un privilegio toccato a solo altre sei società nella storia del calcio. Ma dalla parte di Conte parlano chiaro la continuità di rendimento e di grinta e concentrazione che ha lasciato in campo solo qualche pareggio di troppo. La scorsa estate l'interrogativo diffuso era se Marotta avrebbe saputo acquistare un top-player, aspettativa tradita per chi non volesse riconoscere in Pirlo, Vidal e Vucinic i crismi del campione assoluto. La Juventus ha speso piu di tutti sul mercato, ed era prevedibile dovendo rifondare metà organico, ma senza cogliere quel nome che potesse catturare senza rimedio la fantasia dei tifosi. Ed ha vinto lo scudetto - e rischia il bis in Coppa Italia - pur partendo svantaggiata sul piano tecnico rispetto al Milan. Antonio Conte può aprire un ciclo esattamente come il suo maestro Marcello Lippi nel 1994, sta ai dirigenti ed alla proprietà trovare calciatori che mantengano competitiva la Juventus anche sul piano internazionale.

Il terzo motivo è la possibile rivoluzione che subirà la classifica finale di serie A e B, ma trattandosi di un argomento che deve ancora essere passato al setaccio dalla giustizia sportiva preferiamo non pronunciarci prima del tempo. Una cosa è sicura: lo squallore che ne deriverà sarà assordante.
Il quarto probabilmente offre maggiori spunti di riflessione ed è un altro tipo di rivolgimento, questa volta basato sullo sport e non su elementi esterni che non vi avrebbero alcun diritto di cittadinanza. Raramente abbiamo assistito ad un cambio generazionale come questo e di rado ci siamo trovati a salutare così tanti campioni in una volta. Ma lo scorrere delle lancette è un dato contro il quale non si può opporre resistenza. Secondo Baudelaire "Il tempo è un giocatore avido che vince senza barare, ad ogni colpo". E nemmeno i grandi giocatori sfuggono a questa regola che non ammette eccezioni.
In origine il termine "senatore" indicava le persone piu' anziane ritenute sagge in ragione di qualche capello bianco e per l'esperienza accumulata negli anni. Al giorno d'oggi questo sostantivo viene spesso usato con accezione spregiativa come ad indicare chi vuole fare la voce grossa nello spogliatoio, altre volte invece per identificare il cosiddetto zoccolo duro e, quando va bene, i senatori sono quelli capaci di dare una svolta alla vicende della propria squadra.
Il problema sorge quando il senatore è al contempo una bandiera. Il calcio non vive di gratitudine e quello che si è fatto nel passato conta meno di quanto si può offrire nel presente e soprattutto nel futuro. A nostro avviso le bandiere non vanno confermate a prescindere, ma soltanto se possono dare un contributo fattivo e non testimoniale. Questo è il caso di Alessandro Del Piero che, ogni volta che è stato chiamato in causa, ha saputo lasciare il segno. Diverso il discorso per Inzaghi, tormentato da mille problemi fisici, e per Gattuso che non ha piu lo sprint di un tempo. Il Milan deve operare un deciso taglio dei costi e per questo ha optato per il taglio delle spese improduttive o ritenute eccessive rispetto alla resa. Seedorf, Nesta e Zambrotta, a lungo tra i migliori nel proprio ruolo al mondo, sono stati giudicati al di fuori del progetto. Il compito di Van Bommel, durato diciotto mesi e assolto al meglio, è esaurito. Al suo posto arriva Montolivo a costo zero, un'operazione da stropicciarsi gli occhi. Il Milan si toglie dieci anni dalla carta di identità e se per farlo deve mandare in archivio la vecchia guardia che lo ha portato in cima al mondo, rientra nella natura delle cose. E' accaduto con Baresi, Tassotti e Filippo Galli, si è ripetuto con Costacurta e Maldini e tutto ciò avverrà ancora un domani. Quella di Galliani e Berlusconi è una scelta coraggiosa ed allo stesso tempo necessaria, e porta a compimento il processo iniziato dodici mesi fa con gli addii di Oddo, Pirlo e Jankulovski ed i prolungamenti contrattuali al ribasso. E molto presto emergerà la grana Ibrahimovic. Una volta finita la commozione, messi da parte i gagliardetti, le coppe ed i meriti personali che nessuno potrà mettere in dubbio, emergono le esigenze tecniche e le scelte aziendali che di solito prevalgono sulle ragioni del cuore.

La serie A saluta altri due campioni che nella loro lunga carriera non hanno però messo radici: Hernan Crespo e Marco Di Vaio, entrambi proseguiranno a segnare lontano dall'Italia, entrambi hanno procurato gioie ai tifosi ed aumentato il prestigio e la godibilità del fenomeno calcistico italiano. E' al passo d'addio anche Gianluca Grava, l'unico superstite del Napoli riemerso dalla serie C, le possibilità che rinnovi sono ridotte al lumicino, ma al San Paolo che ha piu volte infiammato lascia in dote un ottimo ricordo.

Il quinto e ultimo spunto è il record di allenatori esonerati, addirittura 17, ennesimo segno dell'impazienza delle società. Un estro nocivo che si riverbera anche tra gli spalti e tra i giocatori: ricorderemo con poco entuasiasmo la pantomima del Ferraris che ha sospeso una partita per quaranta minuti, o la baraonda scatenatasi in campo perchè qualcuno ha fischiato la fine del match tra Udinese e Lazio dieci secondi prima del dovuto e soprattutto in anticipo rispetto al bel tiro di Pereyra. O l'insospettabile Delio Rossi che si scaglia contro un maleducato Ljajic.
Ricorderemo gli errori arbitrali macroscopici e le polemiche da cortile che a turno ognuno ha scatenato. Ma di una cosa siamo certi. Preferiamo la nostra vituperata massima serie alla Liga spagnola, dove fra Barcellona e Valencia spuntano trenta punti di distacco e Leo Messi e Cristiano Ronaldo segnano 96 reti in due, ed i rispettivi club ne sommano 235 in totale. Messi, per quanto fenomenale, ha fatto quasi il doppio di reti rispetto al connazionale Valentin Angelillo, autore di 33 goal in un'epoca lontanissima, un record che sopravvive nel nostro paese dal 1959!
Vorremmo indicarvi come consolazione il calciomercato che entro pochi giorni entrerà nella sua prima fase ufficiosa, ma purtroppo anche in questo settore in Italia c'è poco da sorridere. Ci saranno sempre meno soldi, sostenuti da scelte ingegnose ed altre azzardate, non mancheranno colpi di genio e topiche clamorose. In ogni caso sapremo raccontarvelo con passione e puntualità.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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