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Luis Silvio, il capostipite delle meteore

di Gaetano Mocciaro
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© foto di Francesco Scopece/TuttoLegaPro.com

Le categorie meteore o bidoni, che spesso coincidono, nel calcio italiano, almeno dalla riapertura delle frontiere, hanno un padre, un capostipite: Luis Silvio Danuello. Un giocatore il cui flop è stato tale da passare paradossalmente da meteora a leggenda. E a proposito di leggende, infinite se ne sono raccontate sul suo conto. Ma andiamo con ordine: estate 1980, le frontiere finalmente sono riaperte e le società di Serie A, solo loro, possono tesserare un solo straniero (all'epoca dicasi straniero persona nata e cresciuta su suolo non italiano, a prescindere da vere o presunte radici italiane come vediamo oggi). In Serie A in quell'anno ci va a sorpresa la Pistoiese e per non essere da meno con le grandi che nel frattempo prendevano Brady, Krol. Prohaska e Falcão, mandano l'allora tecnico in seconda Giuseppe Malavasi in Brasile col compito di tornare con un pezzo da '90 per l'attacco. All'epoca non c'erano i mezzi che ci sono oggi per vedere il calcio da tutto il mondo: niente Internet, calcio tv dall'estero men che meno e dalla carta stampata pochissime informazioni. In questo momento nascono una serie di leggende metropolitane: Malavasi, recatosi a Sao Paulo per visionare Palinho del Palmeiras assistendo a un'amichevole del Ponte Preta nota un giocatore agile, guizzante e incisivo che segnerà due reti: Luis Silvio Danuello, per l'appunto. Il viceallenatore toscano se ne innamora e conclude l'affare per 170 milioni di lire. La Pistoiese trova l'attaccante che cercava, una punta brasiliana che può far sognare la tifoseria e strappare qualche abbonamento in più. Peccato che Luis Silvio punta non sia.

E l'equivoco continua al suo sbarco in Italia, quando alla domanda "sei una punta?" il brasiliano risponde: "sì, sono una ponta". Peccato che ponta in portoghese significhi "ala". Insomma, il suo mestiere è crossare e non segnare. A Pistoia si accorgono dell'abbaglio troppo tardi, Luis Silvio viene schierato 6 volte prima che ci si renda conto di aver preso un granchio e il povero giocatore, vittima dell'equivoco, viene presto accantonato. Finito nell'oblio Luis Silvio è tornato alla ribalta negli ultimi anni ogni qual volta si sia ripresentata una meteora o un bidone nel calcio italiano. Nessuno però al suo livello, nessuno che abbia portato a scatenare leggende metropolitane di ogni genere: dal semplice passaparola ai siti internet attuali si legge di un Luis Silvio rimasto a Pistoia a vendere gelati al bar dello stadio della Pistoiese, di un Luis Silvio pizzaiolo o addirittura attore di film hard. La verità la racconterà lui nel 2007, rintracciato da "La Gazzetta dello Sport": ha lasciato l'Italia dopo l'esperienza alla Pistoiese per non tornarci più, continuando a giocare in Brasile fino a fine anni '80. I guadagni nel calcio sono stati investiti nella rivendita di ricambi per macchine industriali, non ha mai venduto gelati allo stadio di Pistoia e nemmeno girato film porno. A distanza di qualche anno lo stesso Luis Silvio ha ispirato Sergio Martino e Lino Banfi nel film cult "L'allenatore nel pallone" quando lo stesso Banfi, nei panni dell'allenatore della Longobarda Oronzo Canà, fu spedito in Brasile per portare a casa un novello Pelé, poi trovato nei campi spelacchiati adiacenti al Maracanã tramite due mediatori imbroglioni. Al contrario di Malavasi, però, a Canà andò bene visto che il brasiliano del fil, Aristoteles, condusse la squadra alla salvezza...

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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