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Jardel, i kili fatali di Ancona

di Gaetano Mocciaro
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Per i tifosi del Milan un incubo, per quelli del Porto e del Galatasaray un mito. Per l'Ancona un bidone. E vista la permanenza in Serie A, una meteora. Il giocatore in questione è Mario Jardel Almeida Ribeiro, o più semplicemente Jardel. Per chi ha negli occhi le sue performances nelle coppe europee la discesa verticale del brasiliano ha dell'incredibile, coincisa con un crollo verticale dello stato e del peso forma. Il giocatore non ha bisogno di presentazioni, a fine anni '90 è uno dei più prolifici in assoluto, sebbene tecnicamente e stilisticamente non abbia mai brillato particolarmente. Il primo incontro ravvicinato con i club italiani arriva nella Champions League 1996 a San Siro, Milan-Porto. Weah e Simone illudono i rossoneri, Zahovic trova il primo pari dei lusitani, poi proprio Jardel con due reti ribalta l'esito della partita. Il Porto vincerà il girone mentre il Milan uscirà clamorosamente. Nel frattempo con i Dragões il giocatore fa incetta di vittorie e di gol, arriva dopo quattro anni ad avere una media di oltre un gol a partita: 125 presenze, 130 reti. Il Galatasaray fa carte false per averlo e riesce nell'intento. Lui si presenta con due gol nella supercoppa europea contro il Real Madrid. Poi in campionato segna a raffica: 22 gol in 24 partite. Torna in Portogallo e va allo Sporting Lisbona: la musica non cambia, sempre implacabile. Dopo due anni in biancoverde con 53 reti in 49 partite a 30 anni prepara le valigie e sceglie la più competitiva Premier League, anche se non propriamente in un top team: Jardel infatti va al Bolton. Ma intanto alcuni avvenimenti fanno prendere la sua carriera un'altra strada: la Nazionale non lo prende in considerazione nonostante i suoi numerosi gol, non lo convoca per i mondiali di Giappone e Corea e comunque vincerà la rassegna iridata. Ma soprattutto la separazione con la moglie lo porta a cadere in depressione.

Il giocatore si lascia andare anche fisicamente, ingrassa vistosamente, il suo aspetto è ben lontano da quello di un calciatore professionista. Al Bolton si capisce che qualcosa non va: il suo incedere è lento, pesante. Bastano 7 partite senza alcun gol per essere liquidato in fretta e furia dal torneo inglese. A di gennaio 2004 arriva a sorpresa la notizia: l'Ancona ha preso Jardel. I tifosi non credono ai propri occhi, un campione del genere in un così piccolo club, per giunta straultimo in Serie A. Solo per questa ragione doveva sembra chiaro ci fosse sotto qualcosa che non andava. D'altronde della depressione e del peso di Jardel non si sapeva e non era passato tanto da quando faceva sfracelli in portogallo. La prima volta ad Ancona è indimenticabile: si gioca l'ultima d'andata contro il Perugia, Jardel non gioca ma viene presentato allo stadio, lui decide di andare a salutare i tifosi ma, incredibile ma vero, va a salutare quelli perugini! A ingannarlo i colori sociali, identici fra le due squadre. Fa l'esordio la partita dopo, a San Siro col Milan: è un disastro, 5-0 per i rossoneri, un disastro Jardel mentre il tecnico Sonetti salta. Arriva Galeone che si rende da subito conto come oggettivamente il brasiliano fosse impresentabile, per l'ormai enorme quantità di kili in eccesso. Gioca contro la Roma quasi tutto il match, poi contro l'Udinese, ma viene sostituito dopo 36 minuti. Il tecnico è furibondo e dichiara: "Gli diamo altri 20 giorni per rimettersi in sesto, nelle condizioni in cui è non può essere presentato". Non solo non bastano 20 giorni, ma nemmeno tutto il campionato: Mario Jardel non calcherà più un campo di Serie A. Per lui 3 gettoni, fischi e zero gol. Da Ancona continuerà a girare tutto il mondo, finendo persino a Cipro, Bulgaria e Australia. Un triste epilogo per un giocatore incompreso.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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