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Le cinque giornate di Milano

di Alessio Calfapietra
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© foto di Alberto Fornasari

La consueta pausa per gli impegni delle nazionali ha permesso alla classifica di serie A di rimanere fissa per un paio di settimane, in modo da poter incensare piu'a lungo le squadre partite alla grande e far arrovellare nei dubbi e nelle paure quelle incespicate in un avvio ad handicap.
Cinque partite per stabilire che l'Udinese è un miracolo che si rinnova, la Juventus può fare la voce grossa per la lotta al vertice e che il Napoli saprà nuovamente recitare un ruolo di rilievo tra campionato e Champions League. Cinque partite per confermare che Devis Mangia è tra i migliori tecnici della nuova generazione e per stupirsi che il Cagliari sia salito così in alto. Cinque giornate per sospendere il giudizio su Luis Enrique in attesa di avversari all'altezza e sulle reali potenzialità della Lazio, in entrambi i casi sbagliano i tifosi della Roma ad elevare all'altare il loro tecnico in quanto innovativo, e non sono da meno quelli biancocelesti per la condanna quasi unanime verso Reja in quanto praticherebbe un calcio antiquato. Il prossimo derby chiarirà le idee a tutti. Cinque giornate per mandare in archivio già tre esoneri (Pioli, Gasperini e Bisoli) e metterne in cantiere almeno altri due, vale a dire Giampaolo e Di Francesco.
E per interrogarsi sulla profonda crisi che sta investendo le due milanesi, relegate tra il sestultimo e quartultimo posto e separate solo dall'Atalanta che, fra l'altro, per conto numerico dei punti dovrebbe stare molto piu' in alto.

Il Milan è stato considerato da tutti come il favorito per la (ri)conquista del titolo, ad un organico già competitivo sono stati aggiunti validi tasselli in ogni reparto, ma il primo scorcio di torneo ha fatto intravedere una squadra lenta, stanca e troppe volte in balia dell'avversario. All'esordio casalingo contro la Lazio, un sofferto pareggio in rimonta, la motivazione universalmente addotta è stata lo scarso rodaggio della squadra. Alla replica del San Paolo, candidamente persa di fronte al Napoli, la risposta è coincisa con la lista degli infortunati troppo lunga. Contro l'Udinese si è parlato solo della papera di Abbiati e si sono sottolineati unicamente i meriti dei friulani. La vittoria contro il Cesena ha convinto in pochi e la sconfitta senza appello contro la Juventus ha fatto poi scattare l'allarme definitivo. In Coppa, il roccambolesco pareggio a Barcellona ha messo in ombra il predominio dei blaugrana e il successo sul Viktoria Plzen è servito solo a riassettare la classifica. La lettura di ogni partita offre probabilmente una parte di verità: Pato, Robinho, Mexes, Flamini e Gattuso sono assenze pesanti e per di piu' la squadra paga la scarsa forma di alcuni titolari. Quando Ibrahimovic non gira ed anzi torna a far riemergere le lamentele del suo peggior periodo, la situazione si fa critica. Allegri non ha colpe specifiche, a gennaio sarà opportuno infoltire la rosa partendo dal reparto avanzato.

Alla vigilia l'Inter non ha goduto dei favori del pronostico perchè un mercato troppo povero in entrata e troppo ricco in uscita l'ha fatta posizionare ai margini della zona scudetto. Il precampionato da incubo e la peggiore partenza dai tempi di Lippi ha acuito questo malessere dandogli in qualche modo i connotati della certezza. Gasperini non ha saputo adattarsi agli uomini a disposizione (nè i giocatori hanno voluto adattarsi al tecnico) e così la sua avventura in nerazzurro è durata solo 87 giorni ferie incluse, per lo striminzito bottino di un pareggio e quattro sconfitte, un record negativo. Claudio Ranieri è un mago nel risollevare le squadre in difficoltà, solo due stagioni or sono ha condotto la Roma dall'ultimo posto ad un soffio dallo scudetto, ed infatti le prime uscite a Bologna ed in Coppa sono state positive, ma la gara contro il Napoli, senza dubbio condizionata dagli errori arbitrali pur in presenza di un avversario che non ha rubato nulla, ha posto un brusco stop alla risalita e i mugugni sono pronti a riaffacciarsi qualora Ranieri esaurisca il credito che viene inizialmente concesso ad ogni allenatore. Troppi nerazzurri sono arrivati al capolinea della loro esperienza all'Inter, l'organico dovrebbe essere quasi rifondato ma non ci sono i mezzi economici per apprestare una rifondazione di livello, perchè Moratti ha ristretto i cordoni della borsa ed è pronto ad ulteriori giri di vite per adeguarsi al fair play finanziario. L'abilità di Ranieri e il recupero di alcuni titolari importanti servirà a riposizionare l'Inter in zone piu' comode della classifica, per i sogni di gloria c'è tempo e Guardiola resta un pensiero fisso della dirigenza. Come per i cugini milanisti impegnati a Palermo, sarà una formazione siciliana, il Catania, a fornire questo sabato il primo responso sullo stato di salute della squadra.

Il Napoli sta invece vivendo un periodo d'oro, in piena continuità con gli allori della scorsa stagione. La differenza che salta all'occhio rispetto al passato è che ora gli azzurri sanno dare il meglio anche praticando un calcio ragionato e senza frenesie, al contrario di quanto la squadra era capace di far male solo giocando a mille all'ora. Merito di un fine e possente ragioniere come Inler, di un ritrovato Gargano e piu' in generale di una squadra che ha assunto la consapevolezza di poter giocarsi ogni sfida alla pari. L'unico appunto che si può muovere a Mazzarri è il turnover di Verona, maturato in una sconfitta assolutamente evitabile quanto meritata, da allora sono arrivate altre prestazioni convincenti ed un ottimo ruolino di marcia anche oltre in campo internazionale. L'ottimo momento degli azzurri non può far trascurare il fatto che Goran Pandev sia assolutamente fuori registro. Il macedone è sinora apparso goffo, lento, inefficace, un lontano parente del giocatore ammirato con la maglia della Lazio, Si sente spesso ripetere l'auspicio di rivedere lo stesso Pandev dei tempi dell'Inter, ma andrebbe precisato che i diciotto mesi di Goran a Milano sono stati segnati dalla stessa flemma e movenze compassate di oggi. Una parentesi al massimo discreta, anche alla luce del cartellino ottenuto gratis, ma tendente al fallimento piu' totale se non vi fosse stato quel celebre goal a Monaco di Baviera e qualche altro sporadico spunto. A dirla tutta, se Pandev fosse stato un elemento importante per l'Inter, il Napoli non ne avrebbe ottenuto il prestito in pochi minuti. Quindi i partenopei dovrebbero augurarsi un Pandev versione Olimpico, quello sì un giocatore in grado di fare la differenza e di costituire un pericolo costante per le difese. Al momento non ci sono le condizioni perchè ciò si ripeta, Pandev dovrà smaltire i postumi dell'infortunio e poi continuare a lavorare duramente e convincersi che le stigmate del campione non scompaiono definitivamente. Altrimenti il Napoli dovrà rammaricarsi di non aver trattenuto uno straordinario talento come Lorenzo Insigne, comunque destinato a rientrare alla casa madre entro un anno.

A proposito di Napoli, possiamo rispolverare la metafora dello scugnizzo e dell'Imperatore, riferendoci a Fabio Cannavaro e Adriano, recentemente tornati all'onore delle cronache. L'ex capitano della nazionale, ora dirigente sportivo in Qatar, si è lamentato di non esser potuto diventare una bandiera per il Napoli. Come abbiamo già detto all'epoca, l'amore per una città si dimostra sacrificando qualcosa di sè per il bene della squadra. Come Francesco Totti, uno che in questo campo può dare lezioni a molti: dalla Roma è stato ricoperto d'oro ma per restare a casa ha rinunciato a diversi titoli e probabilmente ad un Pallone d'oro. Cannavaro Sr. ha invece preferito negli anni prima il progetto miliardario del Parma, poi l'Inter, la Juventus ed il Real Madrid e ancora la Juventus. Troppo comodo dare la colpa al Napoli, se veramente questo amore fosse stato viscerale, Cannavaro se ne sarebbe dovuto accorgere ben prima della soglia dei 35 anni. Una curiosità degna di nota: un altro ultra-trentenne che si è riscoperto innamorato di Napoli in età matura, David Trezeguet, è finito non lontano da Cannavaro, e precisamente al Baniyas negli Emirati Arabi Uniti. Anche per lui una passione scoppiata all'improvviso, almeno a sentire il suo procuratore, per poi spegnersi tristemente fra le dune di Abu Dhabi.

L'imperatore, dicevamo. Adriano ha finalmente esordito con il Corinthians, dopo la rottura del tendine d'Achille costata nove mesi di stop. Nonostante pesi oltre un quintale esattamente come ai tempi della Roma, Adriano ha manifestato ottimismo e tanta voglia di rifarsi. Parte dei tifosi del "Timao" ha espresso un certo disappunto per l'ingaggio di un calciatore che deve imparare a comportarsi come tale, ma lui ha tranquillizzato tutti: "Devo ancora lavorare parecchio, dopo un'assenza così lunga è logico che ci voglia tempo per riacquistare il ritmo partita. Ma sono tranquillo, è solo questione di tempo". Detto così suona quasi convincente, peccato che Adriano abbia chiesto consiglio a Ronaldo, di certo la voce meno autorevole quando si tratta di riprendere il peso forma.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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