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La corona spezzata e lo scettro intoccabile

di Alessio Calfapietra
Sta per iniziare la consueta pausa della tabella trasferimenti, pronta a tornare dopo la metà di giugno ancora piu' completa ed aggiornata
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© foto di Alberto Fornasari

Niente di nuovo sul fronte occidentale. Tra Roma e Palermo, due noti personaggi confermano che i giudizi nei loro confronti sono spesi bene e che nel loro caso il concetto di malignità scompare di fronte all'evidenza dei fatti. Adriano Leite Ribeiro e Maurizio Zamparini, due protagonisti che ogni volta rischiano di farci diventare banali, noiosi, ripetitivi. Ma la cronaca è un nostro dovere prima ancora che un diritto, quindi dobbiamo rendervi conto dell'operato dei due rispettivamente con la maglia giallorossa e dietro la scrivania del Palermo. Ci sia riconosciuto il privilegio di saper anticipare i fatti e non di commentare il tutto a bocce ferme e i cocci già sparpagliati a terra. Quando giornali e televisioni si rincorrevano ad elogiare la lungimiranza della Roma nell'offrire una seconda chanche europea ad Adriano, nella cornice della scommessa che può sembrare azzardata ma che in caso di riuscita sbalordirà ogni scettico, noi ci affrettavamo a far notare come si trattasse di un tentativo perso in partenza. Se la rinascita di Adriano si fondava sulla (ritrovata) professionalità, sul recupero fisico e una voglia matta di riscossa, sin dall'inizio ogni singolo aspetto faceva presagire il naufragio finale. Innanzitutto non è vero che Adriano in patria avesse ritrovato la propria dimensione da calciatore, al di là del cospicuo bottino di goal raccolto in un torneo meno competitivo: pur contornato da una tranquillizzante bambagia, il brasiliano ha piu' volte peccato in termini disciplinari, tanto che il suo ex tecnico al Flamengo, l'esasperato Cuca, ha sarcasticamente commentato: "Ha bisogno di lavorare e di allenarsi più di chiunque altro: come vuoi che renda bene, con un sacco di cinque chili di zucchero sulle spalle?" Lo stesso addio al Flamengo, con il rifiuto di giocare le ultime partite del campionato avendo già la firma con la Roma in tasca, va considerato ben poco professionale. Adriano non ha mai ritrovato una forma accettabile, nè vi è andato lontanamente vicino: quel ragazzo del peso di un quintale, immortalato in video celebrativi messi in vendita da un noto quotidiano della Capitale, è riuscito ad alleggerire il punto vita in maniera impercettibile. La voglia di riscossa si traduce in 241 minuti giocati in serie A, nessuna rete e qualche flebile segnale di risveglio - subito soffocato - nella trasferta a Verona. Parafrassando Don Abbondio e la sua indulgente visione del coraggio, potremmo dire che chi non è dotato della professionalità, non può darsela da solo. L'ultimo paragrafo dell'infelice ritorno in Italia di Adriano si è consumato nei giorni scorsi. Adriano, già multato dalla società a febbraio per il tardato ritorno dal Brasile, ha volontariamente saltato una visita di controllo a Roma, per nulla preoccupato che un professore si fosse sobbarcato inutilmente il viaggio da Milano e per giunta di domenica. Adriano ha chiesto scusa (bontà sua), precisando però di non aver fatto nulla di male.

L'Imperatore è senza trono, senza scettro, senza corona. La Roma deve registrare l'ennesimo fallimento del giocatore e, quando gli darà il benservito rescindendo il contratto, potrà recriminare sui cinque milioni lordi di ingaggio letteralmente gettati al vento e sul non aver costruito ponti d'oro quando, a dicembre, il Corinthians ha incautamente fatto un sondaggio. Buona fortuna, Adriano, ovunque ti porti il destino, preferiamo ricordare i filmati che ti ritraggono al top della condizione, peccato solo che questi siano sempre piu' datati e sbiaditi.
Lunedì scorso Zamparini ha licenziato il 29mo tecnico in 23 anni di attività. Delio Rossi, reduce da tre sconfitte consecutive e colpevole di aver allestito la peggior difesa del campionato dopo il Lecce, è l'ultima vittima della sindrome mangia allenatori del presidente, gli succede Serse Cosmi (Liverani subito trattenuto), sulla cui fronte campeggia il numero "trenta", visto che il suo compito è a termine e nella migliore delle ipotesi si concluderà a giugno. Nessuna novità anche in questo caso, Zamparini ha anticipato di tre mesi la fine del rapporto con un tecnico da lui piu' volte sfiduciato senza troppi riguardi. Se Adriano ha perso i titoli nobiliari da oltre cinque anni, quelli del patron di Emmezeta brillano come non mai. E' lui il plenipotenziario del Palermo, lo ha capito Sabatini che ha tolto le tende già a novembre, lo hanno capito tutti coloro che hanno avuto a che fare con lui o semplicemente osservano le vicende rosanero. Il vero imperatore resta Zamparini, quindi dimenticate gli epiteti attribuiti nel tempo prima a Terim poi ad Adriano. Un imperatore che nessuna rivoluzione francese potrà destituire, nè alcun vento del nord riuscirà a sradicare, mai come ora si può capire quanto fossero fondate le voci fatte circolare ad arte circa una possibile dismissione del Palermo. Lo scrivevamo già allora, negando ogni minima credibilità a quelle ennesime sfuriate, rese addirittura commoventi dal prospettato ingresso di un principe arabo. Zamparini ha affermato piu' volte che la ricerca di un nuovo proprietario richiede tempo e fatica e in questo noi gli crediamo senza riserve, specialmente dopo che ha definito "matto" chiunque voglia investire in Italia. Per ingannare l'attesa, Zamparini si diletta a guidare la campagna acquisti di gennaio, a preparare quella della prossima estate e nel frattempo decide di cambiare tre allenatori. Infatti, come è noto, il tempo certe volte ti dà l'impressione di non passare mai...

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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