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Juve, scelte suicide: dilapidato un grande lavoro dirigenziale. Sul mercato meglio non fare danni

di Luciano Moggi
Nato a Monticiano il 10 luglio 1937, è stato dirigente di Roma, Lazio, Torino, Napoli e Juventus. Nel suo palmares ci sono: 8 scudetti, 1 Champions League, 1 Coppa Uefa, 1 Coppa Intercontinentale, 2 Coppa Italia e 5 Supercoppe.
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Parto con gli auguri, buon anno e buon campionato a tutti, perché sarà purtroppo questo uno dei pochi aspetti positivi di questo nostro primo appuntamento del 2011. Non tanto per i risultati, legittimi, maturati nella giornata di ieri; quanto piuttosto a causa di alcune riflessioni che da essi mi sono scaturite, e che non riesco a fare a meno di divulgare anche a voi appassionati come me, dello sport più bello del mondo. L'argomento principale, se non unico delle mie remore è inevitabilmente la figuraccia fatta dalla Juventus contro il Parma. Ne parlo non tanto a nome del mio passato in bianconero, quanto piuttosto in virtù di alcune considerazioni lapalissiane, che dovrebbero essere alla base della costruzione di ogni squadra che si rispetti; a maggior ragione se l'obiettivo è quello di ritornare grandi. Partiamo da un punto chiave: mai e poi mai, in qualsiasi condizione si trovi a giocare, la Juventus può permettersi di prendere quattro gol in casa sua, specie contro una squadra dalle potenzialità di molto inferiori alle sue. Al di là del risultato comunque impossibile da non sottolineare, la partita di ieri è stata il simbolo più evidente delle scelte suicide degli ultimi anni. Il fatto che a iniziare, proseguire e concludere la disfatta bianconera siano stati proprio talenti prodotti dal fertile vivaio juventino dei miei tempi, non ne è che la prova inequivocabile. Non nascondo il mio disappunto per aver visto compromesso un lavoro protrattosi per diversi anni, e giunto all'apice proprio con la fioritura di talenti del calibro di Giovinco, piuttosto che Palladino e Mirante: tutti giocatori che se avrebbero fatto comodo anche alla Juve al massimo del suo splendore, a maggior ragione sarebbero stati utili anche alla squadra attuale. Non è un caso che lo stesso Marchisio sia un retaggio di quella squadra che collezionava successi di categoria in lungo e in largo.
Un capitolo a parte merita poi la disorganizzazione difensiva palesata contro gli emiliani. Distrazioni inammissibili, che vanno al di là dell'inferiorità numerica cui la Juventus è stata costretta dall'ormai ciclica e a quanto pare inevitabile leggerezza di Felipe Melo.
Il brasiliano, dopo un avvio di stagione illusorio, è ritornato sugli standard della scorsa stagione e del suo scellerato Mondiale, condannando alla sconfitta i suoi compagni, ma mettendo in luce carenze di base troppo spesso mascherate dalle vittorie.

Assurdo pensare di affidare uno dei ruoli più delicati della squadra ad un giocatore tanto instabile quanto inadeguato anche tecnicamente per poterlo ricoprire con risultati soddisfacenti.
Anche in chiave mercato, ahimè, le cose non vanno meglio, nonostante gli encomiabili sforzi profusi da Andrea Agnelli, esemplare nell'atteggiamento tenuto dal momento della sua presa di "potere". A questo punto, presumo che sia meglio evitare ulteriori movimenti in entrata, soprattutto osservando gli esiti di quanto fatto in estate. Io starei fermo così, insistendo sulle buone potenzialità agonistiche della squadra, senza creare ulteriore confusione in un organico che andrà comunque revisionato e se possibile rivoluzionato nel mercato estivo. Il solo Krasic si sta rivelando all'altezza di una squadra che coltiva velleità di alta classifica, mentre gli altri faticano a trovare quella continuità di rendimento indispensabile e basilare per affermarsi nella Juventus.
Un'amarezza aumentata da quanto emerso in settimana da un giocatore con il quale ho lavorato per diversi anni, e che non mi resta che aggiungere alla lista ormai sempre più lunga delle persone che non conoscono dove stia di casa la gratitudine. Mi riferisco ovviamente a Nicola Amoruso, e alla polemica relativa a quei famosi 500mila euro che ha guadagnato al momento del suo passaggio a Perugia. Oltre a confermare questa versione dei fatti, in quanto l'unica realmente accaduta, aggiungo anche che non è stata una scelta della società quella di privarsi di lui, ma dell'allenatore dell'epoca che non lo vedeva consono al suo progetto tecnico. Noi ci limitammo ad esaudire la sua richiesta, permettendo anche ad Amoruso di guadagnare mezzo milione in più. Una condotta impeccabile, contestata da una persona che ha trovato l'unica maniera ancora a sua disposizione per ritornare sotto la luce di riflettori che altrimenti non lo avrebbero più visto protagonista.
Purtroppo, certe volte il calcio è anche questo.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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