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Tu vuo' fa' l'americano

di Alessio Calfapietra
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© foto di Alberto Fornasari

Entro un mese la Roma diventerà di proprietà della cordata che fa capo a Thomas Di Benedetto, il rampante immobiliarista socio dei Boston Red Sox. La conclusione della trattativa dovrebbe però consumarsi in un paio di settimane, l'ottimismo da entrambe le parti, venditori ed acquirenti, non ammette ripensamenti. Gli americani verranno affiancati dalla stessa Unicredit e da altri investitori, italiani e stranieri, ancora da definire. Di Benedetto, dalle evidenti origini italiane (abruzzesi nello specifico), succede così alla lunga era della famiglia Sensi in giallorosso, diciotto anni diversi dei quali condotti ad alto livello, con l'apogeo dello scudetto nel 2001. Come abbiamo avuto modo di ricordare in passato, la storia dei capitali stranieri in Italia è a dir poco sconsolante quanto episodica. Al di là della partecipazione libica nella Juventus, minoritaria e impossibilitata ad influenzare le scelte dei vertici, i precedenti in tal senso sconfinano dal fallimento alla cronaca giudiziaria. A Vicenza ancora si festeggia per l'addio della Enic, finanziaria inglese che ha condotto i destini del club berico per sette anni senza nessun risultato apprezzabile. Un cinese ed un siriano, trapiantati a Palma di Campania e a Lucca, hanno prodotto piu' disastri della grandine a Palmese e Lucchese, poi ingoiate in un soffio da una marea di debiti. Fouzi Hadj, raccontano le cronache, è stato catturato dalla guardia di finanza mentre era rannicchiato nel vano caldaie della sua abitazione. Esempi che fanno rabbrividire e raccomandano al calcio nostrano di continuare ad operare con mezzi e persone provenienti dal Belpaese. Ovviamente Roma è una dimensione ben diversa dalla fredda e distaccata provincia che accoglie lo straniero nella speranza di ricevere un'improvvisa ricchezza e ne finisce invece travolta. Ma anche a livelli piu'alti l'intervento da oltre le frontiere spesso si rivela deleterio. Per comprenderlo occorre spostarsi in Inghilterra e rimanere ancorati all'opera di un magnate a stelle e strisce. Provate a fare un giro per le vie di Manchester e fermate dei passanti chiedendogli un'opinione su Malcolm Glazer, il ricchissimo imprenditore che ha in mano i Red Devils dal 2005. L'80% vi risponderà peste e corna ripetendovi il contenuto dei tanti striscioni contro di lui che campeggiano all'Old Trafford, il restante 20% probabilmente tifa per il City e vi darà un giudizio positivo. Qualora vi spostiate a Liverpool, vi raccomandiamo invece di non nominare nemmeno il duo Hicks-Gillett, pena la vostra incolumità. Eppure, come nel caso di Glazer, si tratta di personaggi dalla liquidità imponente che si trasferiscono in città dal grande potenziale calcistico, ma il connubio stenta a decollare e in certi casi va a rotoli, perchè viene imposto un nuovo modello di business che scontenta la piazza, manca risultati importanti e alla lunga genera un ingente passivo. I nuovi proprietari del Liverpool, anch'essi americani ed amici del futuro patron romanista, hanno dovuto mettervi riparo cedendo in tempi rapidissimi Fernando Torres al Chelsea, un eccellente biglietto di presentazione per il pubblico locale che si è infatti riversato per le strade a urlare il proprio dissenso.

Il Manchester City, come è noto, appartiene allo sceicco Mansour, ma se la nomea che contorna i ricconi arabi (così come quelli originari dell'ex blocco sovietico) è la tendenza a stancarsi presto del giocattolo, gli americani non sono da meno, con la differenza che solitamente investono una minor quantità di denaro. Maurizio Zamparini, sempre lui, ha di recente affermato che soltanto un pazzo farebbe affari in Italia. Per inciso, la pluri-minacciata cessione del Palermo si è rivelata l'ennesima boutade rilanciata in un momento di sconforto per delle decisioni arbitrali ritenute avverse, e su questo non esisteva alcun dubbio, ma Zamparini resta un personaggio che conosce alla perfezione i delicati equilibri del calcio tricolore. Puntarvi soldi è quantomeno un azzardo: tifoserie troppo spesso scorrette, fisco esoso, stadi fatiscenti, legislazione antiquata ed economia a rischio stagnazione. Di Benedetto può essere animato dalle migliori intenzioni, ma dovrà scontrarsi con una realtà difficilmente malleabile e migliorabile a breve termine. Le sue ambizioni sono di grande portata: uno stadio multi-funzionale entro il 2020 e la commercializzazione del brand Roma in tutto il mondo. Suo il compito di rendere il club giallorosso finalmente una grande a tutti gli effetti. Non basta infatti avere la sede nella capitale di un paese per essere considerati una squadra di alto livello. Altrimenti l'Hertha Berlino non finirebbe spesso in seconda Divisione e l'ultimo scudetto del Paris Saint-Germain non risalirebbe al lontano 1994. Alla resa dei conti, la Roma ha vinto in media un campionato ogni 28 anni e la sua storia europea è legata unicamente a due finali perse. L'unica sezione della sua bacheca effetivamente riempita è quella della Coppa Italia, vale a dire il trofeo di consolazione per antonomasia. La squadra attraversa un momento difficilissimo, non si può definire crisi perchè questa andrebbe inquadrata rispetto ad un periodo positivo, invece la Roma stenta a trovare la quadratura del cerchio sin dall'inizio della stagione, e dopo che la fortuna ha aiutato Ranieri (tecnico ormai completamente delegittimato da giocatori e dirigenza) con sviste arbitrali e rimpalli clamorosi che hanno fruttato una decina di punti, la realtà dei fatti sta presentando un conto difficile da digerire. Un esonero dell'allenatore risulta improbabile semplicemente perchè non è chiaro chi abbia l'autorità per decidere. L'epopea americana potrebbe invertire questa rotta, la Roma subirà una profonda trasformazione del suo assetto interno perchè ogni singolo aspetto diventi piu competitivo. Dall'ufficio stampa, che ci auguriamo piu' cortese, al parco giocatori da irrobustire e svecchiare, anche se Di Benedetto non potrà immettere fiumi di denaro a perdere, vista la prossima introduzione del fair-play finanziario che impone un equilibrio fra costi e ricavi, e in ragione della rosa attuale che già rappresenta il quarto monte ingaggi in serie A. Perchè Roma possa spiccare definitivamente il salto nel Gotha del calcio, ha dunque bisogno di un imprenditore straniero, amante del baseball e lontanissimo dalla figura di presidente-tifoso, pronto a sfoderare il piu' classico degli Home Run.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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