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I turbamenti del giovane Mario

di Alessio Calfapietra
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© foto di Filippo Gabutti

Tre indizi fanno una prova. Mario Balotelli è stato escluso per la terza volta consecutiva dalla lista dei convocati dell'Inter. Niente Chelsea, Palermo, Livorno e chissà quante altre squadre eviteranno di affrontare il suo inestimabile talento. Un accantonamento a scopo punitivo, dettato dallo scarso impegno in allenamento, tale e quale a quello riservato a Mario oltre un anno fa, quando il suo nome è stato messo in disparte per l'intera durata del mercato invernale. Lo stesso Moratti sostiene a pieno la linea di Mourinho e si guarda bene dal reclamare il reinserimento di Balotelli ed anzi lo definisce fuori ferma sia mentalmente che fisicamente. Oggi l'intrasigenza del tecnico portoghese è ancora piu' marcata e le distanze con il giocatore, escluso anche dalle giovanili, si sono allargate. Eloquenti a riguardo le battute sui neuroni e l'episodio dela lente a contatto. Nel servizio di Striscia la Notizia, Balotelli ha rimarcato che a Londra, dove fra l'altro lui era assente, ha vinto la squadra e non il tecnico. Ma la vera novità è l'affidamento della procura a Raiola, da molti inquadrata come il preludio alla cessione del giocatore. Il passaggio da una gestione in famiglia degli interessi di Mario all'ingresso di un mago dei trasferimenti e delle commissioni non risulta casuale. Nella migliore delle ipotesi l'obiettivo è ottenere un robusto aumento di stipendio, in scadenza fra tre anni e fissato alla ragguardevole cifra di 1.2 milioni di euro. La peggiore andrebbe fatta coincidere con il destino estivo di tutti i giocatori interisti rappresentati da Raiola, Ibrahimovic, Maxwell e Kerlon (sì, anche lui), ora ben lontani dalla Pinetina. Nell'incertezza del momento può essere comunque fissato un limite invalicabile: al di là delle battutine e dei siparietti televisivi, Balotelli non verrebbe mai ceduto al Milan. Il rischio di vendere ai cugini, seppur a peso d'oro, il piu' luminoso talento italiano oscurerebbe per un quindicennio le ormai datate ironie sul doppio trasferimento di Pirlo e Seedorf. Mourinho non fonda sul nulla o semplicemente sul suo orgoglio questo muro contro muro nei riguardi di Balotelli. Mario, infatti, ci mette del suo. Quando lo intervistai per la prima volta (tra i primi in Italia, concedetemelo), aveva ancora sedici anni e spopolava nella Primavera nerazzurra. Già allora mi disse che si sentiva pronto per giocare titolare nell'Inter o in alternativa con il Barcellona o una big inglese.

Lungi dal sottoscritto la tentazione di chiedere maggiore umiltà al ragazzo, perchè non verrei ascoltato ed in genere i fuoriclasse viaggiano tre spanne sopra i coetanei, ma a questo punto si rende necessario un passo indietro da parte dei due protagonisti. Restando alla scuderia di Raiola, Ibrahimovic ha scoperto con sua somma tristezza che a Barcellona è solamente uno dei tanti. Eppure lo svedese ha fatto carte false per andare via dall'Inter e cercare competitività in Champions, una motivazione che somiglia sempre piu' al bisogno di imparare l'inglese mostrato dalla prole di Shevchenko, visto che i blaugrana hanno mantenuto il loro appeal in Europa e Ibra non ha migliorato di un millimetro il proprio. Forse il problema non era l'Inter che, tra l'altro, una volta orfana del suo campione ha raggiunto i quarti di finale. La serata di Saragozza è stata esemplare: Ibrahimovic ha manifestato la stessa insofferenza in campo di quando all'Inter si è infuriato con Balotelli per non avergli passato la palla sotto porta. In seguito si è scoperto che il motivo era il ricco bonus reti garantitogli dalla società, a "La Romareda" va invece ricercato nella frustrazione di aver dilapidato tre reti ed essersi visto sfilare davanti (povero Contini!) uno stratosferico Messi. In Spagna si parla già di Ibra possibile pedina di scambio nel mercato, in ogni caso l'estate di Raiola si annuncia molto attiva e i tifosi dell'Inter possono ritenersi liberi da qualsiasi rimpianto. A proposito di Messi, la domanda non è piu' se la pulce sia in grado di raggiungere i livelli di Maradona, ma piuttosto se il piccolo Leo non lo abbia già superato. A 23 anni, Messi sembra piu' decisivo del suo padre putativo alla stessa età, quando Maradona non brillava con la maglia blaugrana e si preparava per approdare a Napoli con gli esiti che tutti conosciamo. A Messi manca per ora la consacrazione in nazionale, e l'ostacolo piu' grande va individuato nello stesso Maradona, le cui capacità di allenatore viaggiano su livelli infinitesimali. In questi giorni il Milan ha abbrancato il colombiano Yepes, mestierante di livello che abbassa l'età media della retroguardia. Si fa per dire, ma un classe 1976 va a coprire l'addio di Favalli, di quattro anni piu' anziano, la matematica sa essere impietosa ma offre dati oggettivi. In queste ore si parla di un possibile cambio di proprietà alla Juventus ed il lancio di Andrea Agnelli, un progetto appena abbozzato e tutto da scoprire (Buffon in partenza?) sul quale si staglia il fallimento su ogni fronte dell'attuale assetto societario. Per la panchina, alla pista Prandelli si è aggiunto il nome, non completamente nuovo, di Roberto Mancini, ma se il suo soggiorno inglese da calciatore (al Leicester) si è spento in poche settimane, quello nelle vesti di allenatore al City poggia su basi solide e punta a durare nel tempo. Riemerge inoltre la candidatura di Benitez. Dall'altra parte di Torino, frena sul nascere il passaggio di consegne da Cairo a Tesoro, il quale ha messo in dubbio la reale volontà di vendere da parte del collega che infatti pensa al futuro e conferma Petrachi. Tanto rumore per nulla.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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