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Da Special One a Special Five

di Alessio Calfapietra
Tra non molto tornerà la tabella trasferimenti nella sua versione invernale. Aggiornamenti 24 ore su 24, sette giorni su sette per soddisfare la vostra sete di mercato in presa diretta!
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© foto di DANIELE MASCOLO/PHOTOVIEWS

Nella sua luminosa carriera, Jose' Mourinho ha dato corso ad una serie di tormentoni mediatici pari solo alla sfilza di vittorie incamerate in giro per il mondo. Pertanto il "Re Mida di Setubal", come l'ho definito una volta, mi perdonerà se trasformo il suo soprannome piu' famoso sulla scia della nefasta notte del Bernabeu, dove il Barcellona ha travolto il Real Madrid con un inequivocabile cinque a zero. Insolito il giorno, un lunedì feriale post elezioni, imprevedibile il risultato: la banda di Guardiola ha regolato le merengues come fossero l'Almeria di turno. Una lezione di calcio a tutto tondo, con professori di primo livello come Xavi, Villa e Messi e Ronaldo che finisce dietro la lavagna per condotta e prestazione. Il ritorno a Barcellona per Mourinho si trasforma dunque nell'incubo che il portoghese ha servito ai blaugrana lo scorso 28 aprile, data dello storico ritorno dell'Inter in una finale di Champions League. Dopo sette mesi esatti, l'ossessione ed il sogno cambiano sponda ed ora è Mourinho a dover fare i conti con una delle disfatte piu' fragorose mai ricevute a livello personale e di club. Anche se il Real Madrid dovesse imitare l'Inter nella conta dei trofei, questa serata avrà sempre uno spazio sconfessato dai protagonisti ed evocato a spron battuto dagli avversari. Uno spauracchio, un tabù, una maledizione. Se volessimo vestire i panni dello storico Plutarco e scrivere una sorta di "Vite parallele", potremmo mettere a confronto le biografie di Mourinho e del suo erede in nerazzurro Benitez. Due grandi allenatori, diversi come il giorno e la notte in quanto a credo tattico e carattere. Arrivati a questo punto, delle due sponde metteremmo in risalto il momento del grande sconforto e l'inizio della risalita. A Madrid l'atmosfera è grigia e pensosa, a Milano invece la nebbia finora accumulata inizia a diradarsi per lasciare spazio ad una luce fioca ma che potrebbe ravvivarsi ancora. Dopo il brodino caldo rimediato contro il Twente (valso la qualificazione matematica), Benitez ha ottenuto dai suoi una risposta in termini di forza e determinazione contro il Parma, anche con l'aiuto della buona stella che ha deviato le traiettorie di Stankovic ed ha opposto i legni alle velleità di rimonta dei ducali. Dopo essere stato scalzato dal vertice della classifica come non accadeva all'Inter da diversi anni, Benitez ha dovuto fronteggiare il fuoco incrociato della critica e quello, piu' sfumato, della dirigenza interista, ben al di là delle proprie colpe. A nostro giudizio le attenuanti superano le responsabilità che gli si possono imputare. Innanzitutto Moratti è rimasto inoperoso durante il mercato ed anzi ha ceduto Balotelli senza rimpiazzarlo. In realtà sono già due stagioni che il presidente interista lesina gli interventi: nel 2009 ha potuto muoversi con maggiore scioltezza solo grazie all'opulenta cessione di Ibrahimovic. Benitez ha chiesto Mascherano e Kuyt, ricevendo soltanto Castellazzi, Biabiany e Coutinho, cioè un portiere di riserva svincolato (ora le spalle di Julio Cesar sono meglio coperte) e due calciatori già di proprietà del Biscione ma che stentano a fare la differenza. A gennaio vi saranno nuovi innesti, ma il dato dell'immobilismo estivo rimane inconfutabile. Non condividevamo l'esaltazione dell'organico interista, collocato da molti sempre e comunque al rango di corazzata, perchè la rosa andava puntellata a dovere. Allo stesso modo non sottoscriviamo il pianto greco sulla condizione attuale della squadra: Maicon, Milito e Sneijder hanno le gomme a terra, ma l'Inter rimane comunque competitiva ai massimi livelli ed ha i mezzi per sovvertire il trend in maniera convincente. Capitolo infortuni. Dobbiamo dare retta al severo monito di Benitez e non associare il cambio di preparazione al moltiplicarsi delle noie muscolari. Il netto aumento del lavoro in palestra diventa problematico soltanto in seguito al logorio di due stagioni all'insegna della filosofia di Mourinho.

Il limone risulta spremuto non a causa del troppo tempo ora dedicato agli attrezzi ma, appunto, in conseguenza del bagno di energie fisiche e mentali che la squadra ha dedicato al suo tecnico nell'inseguimento del prestigioso triplete. Lo stesso organico, con la carta di identità non troppo generosa ed un anno in piu' sulle spalle, può incontrare problemi come effettivamente accaduto. Benitez ha dovuto fare di necessità virtù saccheggiando il vivaio con baldi giovani come Obi, Natalino, Obiora, Alibec e Biraghi, mentre Coutinho e Biabiany, talentuosi ma ancora acerbi, sono scelte coraggiose che vanno di certo apprezzate. Ma dal club pluri-campione d'Europa ci si aspetta decisamente altro in termini di ricambi e prospettive. Un errore di valutazione che verrà corretto tra alcune settimane e che non può giustificarsi solo con l'incombenza del fair play finanziario. La terza questione, determinante al pari delle altre, è quella del tanto temuto adagiarsi sugli allori di chi ha vinto tutto. Squadra che vince, va cambiata per evitare che i giocatori si trovino con la pancia piena o, peggio ancora, a vivere di rendita. Avrebbe potuto farlo Mourinho: con quel pedigree era possibile erigere un trono perpetuo, ma il portoghese vive di sfide continue e non ragiona in questo modo. Lo sta facendo la squadra, almeno in certi elementi, e anche in questo caso entra in gioco l'inerzia della società, la quale diviene doppiamente colpevole per non aver innervato adeguatamente l'organico, con l'unica, parziale scusante dell'essersi trovata spiazzata dall'addio del suo allenatore. Mercato nullo, collettivo sulla via del logoramento e con pochi stimoli, tre attenuanti che alleviano di molto la posizione di Benitez il quale, sia chiaro, dovrà mettere del suo e rendere onore alla fama che lo ha preceduto come stratega di indubbie capacità. Le Vite parallele, dunque: mentre Mourinho deve scontare le paturnie di una serata allucinante, Benitez prepara al meglio il congedo dal campionato italiano nella sfida (speriamo questa volta senza stucchevoli polemiche) contro la Lazio, prima di volare a Dubai puntando al tetto del mondo. Entrambi messi di fronte ad una svolta, tra poche settimane sapremo se saranno maggiori i rimpianti degli interisti o il rimorso di Mourinho.
Due questioni stanno procedendo esattamente come vi abbiamo anticipato. Nessuna riconciliazione fra Cassano e la Sampdoria, il barese è fuori squadra da sei partite e attende la prima seduta del collegio arbitrale il prossimo tre dicembre. Non ci sono margini per una soluzione bonaria, è ormai certo che il futuro immediato del giocatore sia lontano da Genova, a prescindere dai molteplici e in certi casi fantasiosi accostamenti (Genoa, Cagliari, Inter) rivelati negli ultimi giorni, occorre soltanto trovare la formula meno traumatica per le casse doriane. Cessione del Palermo: Zamparini temporeggia argomentando che la vendita di un club richiede tempi e modi prolungati, nel frattempo continua a riservare per sè un posto in un ipotetico CdA e già pianifica la campagna acquisti di gennaio, annunciata tra l'altro particolarmente abbondante. Non proprio il comportamento di chi sta per mollare le redini, del resto tre vittorie consecutive risollevano il morale anche del presidente piu' amareggiato del mondo. E per restare in tema, vi segnaliamo le dichiarazioni alla nostra testata di un altro illustre ospite del Menevadecum, Aldo Spinelli, che rende noto di aver ritrovato l'entusiamo perduto e che dunque non abbandonerà il Livorno. Lo stesso patron labronico spiega come andrà a finire la vicenda Zamparini: "A volte si vuol lasciare, ma chi è innamorato del calcio e ha passione per questo mondo, come me e Zamparini, non lascia. E poi è difficile trovare acquirenti". Tutto perfettamente chiaro...Nel giorno della celebrazione della vittoria di Ragatzu e Lo Monaco nei TMW Awards 2010, facciamo i nostri piu' vivi complimenti a Michele Camporese, difensore classe '92 che ha affrontato Milan e Juventus senza affatto demeritare. I giovani, quando sono bravi, vanno fatti giocare non solo in condizioni di piena emergenza, ma per provata convinzione. I risultati arriveranno, basta insistere e non condannare le nuove leve ad una marcia forzata di prestiti tra le serie minori, che troppo spesso vanifica i sogni e le speranze di chi vuole fare del calcio il proprio mestiere e la propria vita.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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