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Dzsudzsak, per far rivivere la Squadra d'Oro

di Gianluigi Longari

C'era una volta l'Aranycsápat, una delle squadre più forti e rivoluzionarie che la storia del calcio ricordi. Sono passati anni, forse troppi perché l'appassionato medio di calcio possa capire a cosa stiamo facendo riferimento, diventa d'obbligo dunque un brevissimo excursus prima di presentare il prospetto di questa settimana.
In lingua ungherese, Aranycsápat significa letteralmente la squadra d'oro, e non è nient'altro che il glorioso appellativo con il quale la nazionale di calcio magiara, era conosciuta nel resto del mondo nel ventennio 50-60.
Erano gli anni di Sebes, il leggendario tecnico dello schema MM, con Hidegkuti centravanti arretrato (tattica poi riutilizzata in tempi più recenti, basti pensare all'Ajax di Van Gaal), e l'immenso Ferenc Puskas a fare da vero finalizzatore ed alfiere di una compagine dalla qualità sopraffina, in grado di vincere un Olimpiade nel '52 (ne seguiranno altre due) e di sfiorare la vittoria nel mondiale del 1954.

Troppa grazia, probabilmente, per un paese come l'Ungheria, che a partire dagli anni 70, mai è riuscito non solo a dare seguito a quella splendida epopea, ma nemmeno a porre un freno al lento ma inesorabile declino di cui il calcio magiaro è stato inequivocabilmente vittima.

Tuttavia, anche l'osservatore meno attento, avrà notato le buone potenzialità espresse dalla nazionale giovanile durante i recenti mondiali Under 20, e le ottime individualità che sembrano poter dare una decisa inversione di tendenza ad una situazione fin qui delicata.

In questo contesto di un calcio in ripresa e mai come oggi in crescita, inseriamo la storia di un giovane calciatore che sembra avere tutte le carte in regola per rinverdire i fasti dei tempi che furono.
Non scomoderò paragoni illustri né blasfemi (nel caso di Puskas), parlandovi di Balazs Dzsudzsak, ma il ragazzo può vantare quella "stoffa" che solitamente solo i campioni riescono ad esporre su un rettangolo verde.

Dzsudzsak nasce il 23 dicembre del 1986 nell'Ungheria nord orientale, precisamente nel piccolissimo villaggio di Nyírlugos, laddove la sua spiccatissima propensione per il calcio, gli vale fin dalla tenera età l'appellativo de "Il bambino che trascorre la maggior parte del suo tempo sul campo da calcio". Un amore viscerale, quello di Balazs per il pallone di cuoio, ricambiato da qualità fisiche e tecniche non esattamente usuali da quelle parti, tanto che le voci su di lui passano ben presto dai pettegolezzi di paese, alle segnalazioni per i vivai delle più importanti squadre ungheresi, tanto che l'accademia giovanile del VSC Debrecen, il Debreceni Olasz Focisuli, decide di dargli una possibilità.
Il piccolo Balasz (ha solo 9 anni al momento del grande salto) prende seriamente la chance che gli viene offerta, e non lesina sacrifici per arrivare fino alla città di Debrecen per le quattro sedute di allenamento settimanale alle quali si sottopone con l'entusiasmo di chi ha voglia di diventare grande.
La trafila prosegue anche per gli anni successivi, fino alla categoria Juniores, decisamente uno spreco per uno del talento di Dzsudzsak, che viene infatti dirottato al Létavértes, in terza serie, dove comincia a prendere confidenza con il calcio (ed i calci) del professionismo.
Una stagione è sufficiente per convincere il Debrecen a riportare il talento di Balazs alla casa madre, e dopo un campionato vissuto da comprimario con sole quattro presenze (e un titolo nazionale), il nostro campioncino, ormai diciottenne, inizia ad imporsi come titolare fisso dei Loki (nomignolo della squadra del VSC), fino a raggiungere un livello di eccellenza totale nella sua terza stagione in prima squadra, che gli vale l'ambito titolo di "Giocatore dell'anno" della Soproni Liga.

Le prestazioni sopraffine e con esse, la fama di Dzsudzsak iniziano a straripare dagli confini magiari, tanto che numerose relazioni finiscono per giungere sulla scrivania di un mostro sacro dello scouting internazionale come Piet de Visser, allora al PSV Eindhoven, che si prende la briga di visionare in prima persona questo progetto di fuoriclasse, prima di decidere se annoverarlo alla quasi leggendaria lista dei vari Romario, Ronaldo, Alex, Farfan da lui scoperti e presentati alla platea del Philips Stadion.

"E' un incredibile talento. Velocissimo, abile nello scambio rapido con il compagno, sa saltare sistematicamente l'uomo ed ha un ottimo piede per fare buoni cross. È una moderna ala sinistra". Questa la solenne investitura con la quale de Visser, non senza avere lottato contro club di mezza Europa (Sampdoria e Chievo inclusi), presenta il suo nuovo pupillo.
Velocissimo abbiamo detto, e velocissimo si dimostra anche l'ambientamento di Balasz alla nuova realtà dell'Eredivisie. Il talento magiaro sbarca tra i tulipani nel gennaio del 2008 (con sei mesi di anticipo, per sostituire il partente Kenneth Perez) e dopo il vincente debutto del 12 gennaio contro il Feyenoord non esce più dall'11 titolare.
La domenica seguente arriva il primo gol, a cui seguiranno un totale di diciassette presenze, condite da altre due reti, suggellate da una media voto eccellente che ne farà uno dei simboli principali della vittoria del campionato.

L'anno successivo è quello della consacrazione ad alto livello per l'ormai ventiduenne Dzsudzsak. Nonostante il Psv non raccolga i frutti della sua classe, riesce a dimostrarsi più che incisivo, andando a realizzare 11 reti in 32 presenze. A testimonianza di una costanza e dedizione totale anche a livello fisico, oltre che sul piano realizzativo, soprattutto considerando che stiamo parlando di un giocatore che agisce sulla fascia mancina del centrocampo e non di una punta. Se da un lato difetta (meritevolmente) dell'indolenza classica dei giocatori dell'est, dall'altro Balasz sopperisce con talento e genialità ben oltre la media. Non è solo la sua costante presenza ed efficacia sotto porta ad averlo reso a tutti gli effetti l'idolo incontrastato del Philips Stadion ed il giocatore simbolo di questo PSV. Già nella scorsa stagione sono stati ben 9 gli assist che il talento ungherese ha messo al servizio dei suoi compagni, ed a dimostrazione di un talento in crescita costante ed esponenziale, il suo altissimo rendimento sta continuando a far parlare l'Europa anche nei primi mesi di questo nuovo campionato.

Un Nedved con i piedi di Beckham, per essere brutali ma comunque inefficaci nel paragone. Già perché Dzsudzsak ha tutte le carte in regola per scrivere da solo la sua storia. È un giocatore che fa dello strapotere atletico la sua arma vincente, la sua velocità gli rende possibili giocate e dribbling spesso impensabili per i terzini avversari che si trovano a fronteggiarlo. A ciò aggiunge delle capacità tecniche di grande spessore, ed un piede in grado di disegnare parabole sublimi. Tanto che ogni punizione potenzialmente pericolosa passa inevitabilmente dal suo sinistro.
Lo sa bene l'Ajax, rivale storica del PSV, nonché squadra che più delle altre ha fatto esperienza del compendio delle capacità di Balasz. Durante la sfida dell'agosto scorso, il talentuoso magiaro ha dato il meglio di sé, dapprima trafiggendo i "Lanceri" con una terrificante punizione dai trenta metri, poi siglando un'altra deliziosa realizzazione ed infine servendo un assist al cioccolato al compagno Bakkal subito dopo avere dato spettacolo con una delle sue serpentine. Uno show che ha contribuito ad accrescere la sua fama e soprattutto l'ormai lunghissima lista delle sue pretendenti.

Già perché il futuro di questo fenomeno è tutt'altro che scritto. La partenza del suo mèntore de Visser verso il Chelsea non ha fatto che aumentare le chiacchiere riguardo la possibilità di un suo trasferimento nella Londra Blues nel prossimo futuro. Tuttavia, l'embargo Fifa riguardo al mercato in entrata del team di Abramovich, consente alle altre big europee la possibilità di scavalcare i londinesi nella corsa a Dzsudzsak.
Basta essere più veloci e più geniali degli altri, proprio come lui.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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