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Corsi e ricorsi storici

di Alessio Calfapietra
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© foto di Giacomo Morini

Adesso possiamo dirlo: la storia in rossonero di Ronaldinho assomiglia sempre più a quella di Rivaldo. Entrambi brasiliani, entrambi baciati con benevolenza dal Dio del pallone, entrambi con una ricca storia di successi alle spalle. Entrambi ceduti al Milan, sulla soglia della trentina, da un Barcellona che non sapeva più che farsene dopo cinque stagioni di strabilianti vittorie. I risultati, inutile aggiungerlo, sono stati press'a poco gli stessi: pochi e sporadici sprazzi di classe a fronte di mesi e mesi di anonimato indegno del loro curriculum calcistico. E nell'uno come nell'altro caso il tifo milanista, seguito a rotta dalla critica, a distanza di un anno si interroga sull'opportunità che giocatori che si distinguono ormai soltanto per il nome dietro la maglia possano ancora far parte dell'universo rossonero. All'epoca Rivaldo è tornato In Brasile prima del tempo, per poi ritrovare la propria dimensione europea in Grecia ed in seguito nell'ambìto torneo uzbeko dove ha dichiarato di voler rimanere sino a quarant'anni. Ma al di là dell'investimento a vuoto, il Milan non si è strappato i capelli perchè occupato a contare le vittorie che una squadra vincente e convincente, fondata su acquisti di valore e non sull'effetto merchandising spesso simile ad un boomerang, andava collezionando in giro per il mondo salvo qualche doloroso incidente di percorso. A prescindere da come e quando finirà l'avventura di Ronaldinho a Milanello, ci sarebbe da comprare una parrucca per mascherare la chioma dispersa, visto che è sotto processo, e probabilmente prossima al disimpegno, la stessa dirigenza sino ai piani più alti per un periodo di transizione che sembra senza sbocco, almeno per quanto riguarda i livelli del ben esigente pubblico fedele al Diavolo. Il flop di Rivaldo, al di là della constatazione del declino di un ex fuoriclasse e l'immancabile ironia di parte avversa, è passato quasi inosservato, Ronaldinho invece è diventato il simbolo del profilo basso che ha intrapreso il Milan dalla vittoria in Champions League nel 2007, un trofeo a lungo utilizzato come scusante per qualsiasi passo falso della squadra, una filastrocca aggravata dal trionfo di Yokohama che ha conferito carattere mondiale all'autogiustificazione preferita da Galliani. Una volta che il Manchester United ha vinto il mondiale per club, la sempre più insopportabile nenia è cessata anche dal punto di vista formale, dopo che aveva perso ogni significato nei fatti già da diverso tempo. Ronaldinho ha smesso di essere se stesso dai mondiali del 2006, dove si è limitato ad un ruolo di oscuro figurante. Sino ad allora, il suo nome esaltava le folle e giustificava il prezzo di qualsiasi biglietto.

Gli ultimi lampi li ha concessi al Barcellona nella stagione seguente, dopo di allora per lui si è spenta la luce sino al trasferimento nel Milan a prezzi di saldo. Qualcuno pensò che avrebbe pestato i piedi a Kakà, qualcun altro che si sarebbe preparato a raccoglierne il testimone una volta che il richiamo del Real Madrid fosse divenuto irresistibile. I pochi spunti che il brasiliano ha sinora regalato al Milan sono stati corredati da un sei in pagella. Ma da uno come lui ci si aspetta la giocata d'autore, il guizzo, non l'ordinaria amministrazione. L'arrivo di Leonardo e l'incondizionata stima da parte di Berlusconi avrebbero dovuto ridefinire il peso del giocatore all'interno della squadra, e in tal senso l'avvio di Siena è stato salutato come il ritorno del "Gaucho", ma quelle magie di tono minore si sono rivelate le classiche lucciole scambiate per lanterne. Le prove incolori nel derby e contro il Livorno hanno declassato Ronaldinho ad "uno come gli altri", uno che non deve meravigliarsi se resta a guardare perché Clarence Seedorf scalpita e incanta, sì, proprio lui, quello accusato di scambiare la panchina per un centro benessere. L'invito a tornare quello di un tempo ha ricevuto come risposta un improvviso attacco influenzale e la gara contro il Cagliari è stata decisa da uno straripante Seedorf. Come andrà a finire? Ronaldinho è stato convocato per il match contro l'Udinese, vedremo se ci sarà modo per una riscossa oppure il Friuli diverrà teatro di un altro deludente capitolo di questa vicenda. Le voci, piuttosto circoscritte e fatte circolare da ambienti catalani, circa un prematuro ritiro di Ronaldinho sono state degradate al rango di spazzatura dal fratello - agente. Rivaldo, circa sei anni fa, ha dato addio tra le lacrime al Milan per abbracciare la causa del Cruzeiro. Ronaldinho, accostato ad improbabili campionati oltre Oceano, sta ancora decidendo cosa fare del proprio futuro e se dare corso, fino in fondo, a questa sequela di corsi e ricorsi storici che finora non ha lasciato margini di errore.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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