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Abbassiamo i Toni

di Alessio Calfapietra
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© foto di Federico De Luca

Si dice che la notte porti consiglio. In queste ore Urbaino Cairo dovrà decidere le sorti di Colantuono, una riflessione che poggerà su due dati innegabili, e cioè il distacco di sette punti dal vertice accumulato dalla compagine granata e la cifra tecnica della squadra che non è stata sfruttata secondo tutto il suo valore. Il torneo cadetto è costellato di sorprese. Ancona, Cesena, Vicenza e Modena nelle zone alte, se non altissime della graduatoria, Lecce ed Empoli ri-acquisite alla nobiltà solo di recente, Torino decisamente in ambasce con il Brescia a fargli compagnia, e la Reggina che un osservatore disattento piazzerebbe al secondo posto e non al penultimo credendo in una sorta di classifica rovesciata. Questa serie B propone nomi interessanti, a partire dal cesenate Schelotto (l'Atalanta ha tra le mani un tesoro) e l'empolese Angella (seguito dalla Fiorentina), oltre a vecchie conoscenze come Mastronunzio e Bruno, protagonisti immancabili che suscitano pensieri sul perchè gli sia stato negato qualsiasi approccio alla serie A, se per il Canarino vogliamo soprassedere sui suoi tormentati esordi in un Napoli che stava affondando. Qualora Cairo volesse offrire un altro giro di valzer nell'affollata e caotica sala da ballo del calcio nostrano, il nome più accreditato per la successione sarebbe quello di Mario Beretta, dato che Gigi Cagni è sembrato cadere dalle nuvole quando gli abbiamo chiesto se avesse ricevuto chiamate da Torino. La settimana appena trascorsa, come è noto, ha disarcionato altri due allenatori. L'arrivederci di Baroni a Siena non fa testo: la sua brevissima parentesi ha svolto le funzioni di interregno prima dell'incoronazione di Malesani (corona ricca di spine ed insidie) e dopo il gran rifiuto opposto da Beretta. L'addio di Walter Zenga invece suscita tutt'altro tipo di ragionamenti. I nostri lettori stanno dando ragione in massa all'ormai ex tecnico rosanero, del resto 32 allenatori esonerati in un ventennio rappresentano una realtà troppo evidente per poter essere trascurata. Zamparini si difende sostenendo di non riconoscersi nella fama di mangiallenatori. A leggere le cifre in proposito, non possiamo che dargli ragione: più che mangiarli, lui gli allenatori li divora. Non prima di averli pungolati (cucinati e conditi) in pubblico e senza troppi riguardi. L'augurio è che le spalle di Delio Rossi, già oberate in passato da Claudio Lotito, riescano a sostenere anche questo nuovo peso. In ogni caso è curioso notare come Rossi e Ballardini si siano scambiati in pochi mesi squadre e presidenti, pur se la posizione di Ballardini appare sicura, per non dire blindata. Dopo le facili ironie sul panettone mancato in casa rosanero, si evitino altrettanti sterili umorismi sul traguardo della colomba pasquale. In attesa di nuovi passi di danza, occhio ad Atzori a Catania, il punto rimediato a Palermo, se ha deciso il destino di Zenga, ha solo mitigato quello del giovane mister etneo. Si fa un gran discutere in questi giorni dei cori offensivi nei riguardi di Balotelli, un argomento che non può essere liquidato in poche parole ma che deve partire da un presupposto di base: non esistono insulti di prima o seconda categoria.

Offendere la famiglia, la moglie o ancor peggio inneggiare in maniera idiota a tragedie che non andrebbero nemmeno nominate, ha la stessa, identica valenza che fare riferimenti fuori luogo al colore della pelle. Il "tifosotto" che non sa come sfogare le frustrazioni che raccoglie nella vita quotidiana (antica citazione di Desailly) pensa stolidamente di poterle riversare allo stadio, percepito come una sorta di porto franco, e le indirizza al giocatore più temuto al fine di distrarlo e irritarlo. Il corollario da aggiungere alla premessa sull'eguale valore delle offese è che Balotelli è un campione assoluto, un potenziale fuoriclasse come ne nascono pochi al mondo, e quindi facile ed immediato oggetto degli insulti. Se Mario fosse biondo, la parte più triviale del tifo troverebbe un altro pretesto per tentare di offenderlo, ma la sostanza non cambierebbe. Meriterebbe lo stesso aggettivo che ha da poco sdoganato il Presidente della Camera Fini. L'ipotesi della sospensione delle partite non mi trova d'accordo, perchè rischierebbe di diventare una scorciatoia impropria per interrompere una partita che si sta mettendo male per la propria squadra. In un clima surriscaldato ad ogni livello, istituzionale e popolare, è bene che si abbassino i toni, e si pensi invece - visto che parliamo di calcio - all'omonimo centravanti che punta a tornare in Italia per ritrovare continuità sportiva ed un'ultima possibilità per la maglia azzurra. Luca Toni ha lasciato la Fiorentina per trovare soldi ed aspirazioni europee nel Bayern Monaco. La prima stagione è stata scandita al ritmo di una marcia trionfale, la seconda è sembrata un valzer lento e quella in corso assomiglia ad un disco rotto con stampata in copertina la figura dell'attaccante seduto in tribuna. La frattura con Van Gaal è probabilmente insanabile (non inganni la convocazione di oggi dettata da infortuni multipli in avanti) e può essere risolta soltanto con la divisione di due personaggi che non si sono mai capiti. Toni dovrà rinunciare ad una cospicua parte del suo faraonico ingaggio ed adattarsi per ritrovare spazi e visibilità in un campionato che non ha più memoria dei tantissimi goal da lui realizzati. Sarà come partire (quasi) da zero. Le pretendenti, vere o presunte, sono tantissime. In tema di bomber, salutiamo il ritorno dal prossimo gennaio di Chevanton, un giocatore mai abbastanza apprezzato che se ritroverà una condizione fisica stabile potrà ribaltare i destini dell'Atalanta dall'alto della sua classe indimenticata a Lecce e dintorni. Tornando ad un altro campione del mondo, spiccano infine i malumori espressi da Gattuso, ritrovatosi riserva dopo un decennio di successi in rossonero vissuti in prima persona. Il Milan può fare a meno di lui, San Siro non sdilinquisce più come un tempo per la sua grinta e dunque il vecchio sogno di riabbracciare il campionato inglese può diventare realtà già a gennaio, quando anche Huntelaar sarà costretto a fare le valigie. Con la differenza che l'olandese può salutare Milanello con una ventiquattrore in mano, a "Ringhio" non basterà un tir per portarsi dietro il dolce ed ingombrante peso di una carriera spesa a sudare e correre per il Diavolo.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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