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Vervoort, per un Ascoli Mondiale

di Alessio Calfapietra
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Correva l'anno 1991. L'Italia si lasciava ancora cullare dal sogno/illusione degli anni ottanta, sbarazzini e spensierati, senza sapere quanto triste ed affannoso sarebbe stato il domani di lì a qualche tempo. Nel suo piccolo anche l'Ascoli di Costantino Rozzi si dondolava felice: la stagione precedente aveva vinto di gran lena la serie B e l'acquisto di gente affidabile come l'argentino Troglio o l'ex laziale Piscedda, a far pendant alle giovani promesse Menolascina, Pippo Maniero e Bierhoff, suscitava un certo ottimismo dalle parti di Corso Vittorio Emanuele. Alla presenza in panchina del veterano De Sisti, una garanzia, si aggiunse anche la classica ciliegina sulla torta che poi si rivelò avariata ed anzi, a guardar bene, non esisteva nemmeno. Dal Bordeaux venne prelevato Patrick Vervoort, un terzino di spinta con alle spalle una carriera internazionale da applausi, due mondiali disputati nel Belgio (sfidò Maradona a Città del Messico) ed una sfilza di successi nelle fila dell'Anderlecht. Un vero colpaccio per una squadra di medio cabotaggio che voleva sottrarre al portiere della serie A le chiavi dell'ascensore che di stagione in stagione portava i marchigiani da un piano all'altro del calcio professionistico. Vervoort ricevette la benedizione del compagno di nazionale Vincenzo Scifo, un altro che nel nostro campionato aveva lasciato il segno... uno Scifo appunto, e l'esplicita raccomandazione di Picchio De Sisti che sbraitava per poterlo avere in squadra. Fiato da vendere, Vervoort era uno stantuffo da impiegare sulla fascia, un macina chilometri dai capelli alla Dolph Lundgren e lo sguardo arcigno che avrebbe servito al meglio un attaccante scaltrito come Bruno Giordano.

Pronti, via: cinque punti in dieci partite che piazzarono immediatamente l'Ascoli all'ultimo posto in classifica. Vervoort si trovò alle prese con una serie di infortuni piuttosto invalidanti e non potè mettere in mostra le sue grandi capacità fisiche, saltando di fatto metà torneo. Il presidente Rozzi trovò nel cassetto della scrivania l'assegno recante la sua firma ed una cifra prossima ai due miliardi delle vecchie lire, necessaria per far arrivare in estate un frammento di palcoscenico mondiale nella provincia marchigiana, e crediamo lo abbia strappato con rabbia: il navigato talento, abituato a giocare sempre ad un certo livello, si era fatto soffiare il posto in squadra da Pietro Zaini, zazzeruto prodotto del vivaio che della massima serie avrebbe ricevuto soltanto le briciole. Tra una recriminazione e l'altra, l'Ascoli si piazzò desolatamente ultimo, quattordici punti rimediati con quattro vittorie, sei pareggi e ventiquattro sconfitte, una differenza reti di -43 ed una miriade di goleade al passivo. Come la tradizione delle meteore insegna, Vervoort, alla seconda retrocessione consecutiva, fu rispedito in patria, allo Standard Liegi, dove riprese il suo... standard di prestazioni e condusse in modo decoroso il resto della carriera tra Olanda, Portogallo e Francia. Ritiratosi nel 1998 ad appena trentatrè anni per via dei continui infortuni, Vervoort è oggi un procuratore con qualche seguito nel calcio belga. Cura gli interessi di diversi giovani, uno per tutti Tom Raes del Roeselare, che Vervoort ha avuto modo di consigliare alle squadre italiane: fossimo in qualche club nostrano, ci assicureremmo prima che Vervoort si sia limitato a fare l'agente, perché nel caso si fosse occupato anche della crescita tecnica del ragazzo, sarebbe decisamente meglio cambiare obiettivo.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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