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Gustavo Bartelt, quando "el facha" sbarcò a Roma

di Germano D'Ambrosio
Fonte: Emanuele Broccoletti

A volte la faccia non basta. Eppure Zeman ci aveva scommesso su quel "delantero" biondo che tanto nell'aspetto ricorda Claudio Caniggia ma che poco ha a che fare con chi ci fece piangere nelle notti magiche di Italia '90. Gustavo Javier Bond Bartelt nasce a Buenos Aires il 2 settembre 1974 e inizia la sua carriera al Velez Sarsfield all'età di 15 anni e, fatto assai curioso, l'anno dopo rimane inattivo perché (si scoprirà in seguito) non era sicuro che quella del calciatore professionista fosse la strada giusta da seguire nella vita (quando si dice la premonizione...). Ma alla fine il nostro ci ripensa e firma un contratto con il Newell's Old Boys dove, nella stagione '96-'97, colleziona 16 presenze e 10 reti che attirano l'attenzione del Lanus, squadra dell'ex manager di Maradona, che lo acquista nella stagione successiva. Nella sua nuova squadra Bartelt si migliora totalizzando 13 gol in 17 gare, convincendo Zeman, che già lo aveva notato, a portarlo alla Roma. Nell'estate del '98 la società giallorossa lo acquista per 13 miliardi di lire e gli propone un contratto quadriennale da 1,5 miliardi a stagione, infrangendo i sogni dei tifosi che si erano visti promettere Batistuta, Trezeguet, Inzaghi e altre stelle del mondiale francese e invece si sono trovati la maglia numero 9, fino ad allora di Balbo, sulle spalle del nuovo pupillo del boemo.
L'esordio con la Roma è datato 12 Settembre 1998 all'Olimpico contro la neopromossa Salernitana, gara in cui i giallorossi si impongono 3-1 in rimonta dopo che il gol di Song aveva portato in vantaggio i campani. Ma Bartelt non lascia traccia della sua presenza, così per vederlo in azione bisogna aspettare la gara con la Fiorentina, sempre all'Olimpico, dove gioca un'ottima partita mandando in gol Alenitchev e avviando la rimonta poi completata da Totti.

La buona prestazione e le dichiarazioni del dopo partita("segnerò domenica con il Milan") rassicurano in minima parte anche i tifosi più scettici.
Ma i buoni propositi vengono subito meno: Bartelt da lì in avanti trova sempre meno spazio nell'11 titolare, chiuso da Totti, Paulo Sergio e soprattutto dalla vena realizzativa di Delvecchio, che gli soffia il posto e fa la sua migliore stagione (18 gol), così alla fine dell'anno l'argentino conta appena 3 presenze in campionato senza reti e inizia a considerare l'idea di cambiare aria. A Gennaio del 2000, dopo una brevissima parentesi senza apparizioni ufficiali all'Aston Villa, arriva a Madrid per giocare nel Rayo Vallecano. Anche qui le cose non vanno per il verso giusto: il bosniaco Bolic è una garanzia e il tecnico Juande Ramos non rischia mai Bartelt dal primo minuto, e nelle 12 volte in cui entra a partita in corso va in gol una sola volta, contro il Malaga, segnando al 91° l'inutile rete del 4-1 per il Rayo. Chiusa anche questa sfortunata parentesi resta senza squadra fino al 2003, quando arriva ad un accordo con il Gimnasia y Esgrima La Plata, dove trova un'altra vecchia conoscenza del calcio italiano, ovvero Andres Yllana, ex Brescia; 8 presenze e nessuna rete per Bartelt, che si trasferisce successivamente al Gimnasia de Jujuy, iniziando il torneo di Apertura 2005 con 13 presenze, 8 da titolare e 5 a gara in corso per un totale di 790 minuti. E ancora zero gol.
Tirando rapidamente le somme, a Roma Bartelt è ricordato per il caso Passaportopoli (squalifica fino al 30\06\2002 per lui che aveva già fatto le valigie, e 1.5 miliardi di penale alla società), e per un'intervista in cui dichiara di amare l'Italia, la cucina del Bel Paese e la sua ragazza Romina, di ispirarsi a Ramon Diaz e di stravedere per Al Pacino e il film "Scarface".
Questo è quanto "el facha" ha lasciato ai suoi tifosi sparsi per il mondo, e noi ringraziamo il Calcio di averci regalato, una volta tanto, un ragazzino che non voleva giocare a pallone...

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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