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Robinho, il menino che ha fatto piangere Pelè

di Michael Angelici
Ecco la storia dell'estroso brasiliano che, dopo aver fatto impazzire i tifosi sudamericani, è pronto a sbarcare in Europa.

"La prima volta che ha toccato la palla sotto i miei occhi, mi è venuta la pelle d'oca. E quasi da piangere. Il suo dribbling è devastante, pari solo alla sua semplicità. Mi sono rivisto in lui".
Parole e musica di O' Rey, che senza mezzi termine esalta le qualità del numero 7 del Santos.
E' dotato di una velocità di movimento ed un agilità impressionante, che unite ad un'incredibile capacità tecnica (che però, a volte, lo porta ad esagerare con i numeri ad effetto) lo fanno un giocatore imprescindibile persino per la Selecao.
Alto 172 cm per 60 kg di peso, la struttura fisica esile è forse il maggior punto debole di questo giocatore che ha incantato tutto il Brasile.

Siamo a Parque Bitaru, povera ed umile periferia di Sao Vicente, piccola città a ridosso di Santos (zona meridionale dello stato di San Paolo). E' qui che il 25 gennaio del 1984, nasce da mamma Marina (casalinga) e papà Gilvan (idraulico), Robson de Souza, in arte Robinho.
Figlio unico, viveva e dormiva con i genitori, la cui principale preoccupazione era quella di farlo mangiare! Quando la madre lo mandava a comprare la carne al negozio vicino casa, il menino immancabilmente tornava a mani vuote. Il sacchetto con il cibo diventava preda dei cani, poichè veniva sempre dimenticato nei pressi dei campetti dove il ragazzino passava il tempo a giocare interminabili partite di pallone con i suoi coetanei.
Proprio in occasione di una di queste sfide tra ragazzi, Robinho (soprannome affibbiatogli proprio dai suoi amici, per il fatto di essere piccolo e magro) viene notato da un osservatore del Beira Mar, "escolinhas" della città. Questa è una delle centinaia di squadre di "futsal" (calcetto) che esistono in Brasile.
Il piccolo accetta con entusiasmo la proposta della piccola società e per 3 stagioni gioca e vince nella categoria "biberon" del team. Il coordinatore Adroaldo Ricardo si ricorda di lui: "La prima volta che toccò il pallone capimmo subito che era diverso dagli altri. Faceva dei movimenti così spettacolari...". A 9 anni passa ad un altra mini società di calcetto, il Portuários. Ed è proprio qua che il Santos nota per la prima volta Robinho. Dopo avergli fatto disputare un campionato nella squadra di calcio a 5 del club, nel 1996, lo integra nelle giovanili.
Al tempo, Pelè era uno dei responsabili delle giovanili del club di Vila Belmiro. Nel 1999, durante una allenamento, O Rey si imbatte in un 15enne dalla pelle scura, magro, con un controllo di palla eccezionale e che gli somiglia moltissimo: Robinho.
Se ne innamora subito e da quel momento diventa il suo consigliere personale. Si occupa del suo trasferimento nel "collegio" del club in modo che possa essere seguito meglio soprattutto dal punto di vista alimentare. Da allora è ingrassato di una decina di chili, ma è ancora molto esile.
Nell'ultimo anno nelle giovanili del club (2001), vince il campionato Paulista under-17.
L'anno successivo diventa professionista e debutta in prima squadra. Il 2002 (con 29 presenze e 9 gol) è subito un anno da incorniciare, infatti insieme a Diego trascina il Santos alla vittoria del campionato, 31 anni dopo l'ultimo successo.
Il debutto in nazionale di un talento del genere non può tardare. Il 13 luglio 2003, nella sfida pareggiata 0 a 0 con il Messico, fa il suo ingresso nella Selecao. Ultimamente le prestazioni sue e del Brasile (grazie soprattutto a Kaka e Ronaldinho) sono dei veri e propri show. Come gli ultimi 18' di Brasile-Bolivia (3-1), al Morumbi di San Paolo il 5 settembre 2004, chiusa dai cori di "Ro-bi-nho, Ro-bi-nho". "Il mio miglior momento", dice. "Non mi sarei mai aspettato di sentire anche le tifoserie rivali (quelle di Corinthians, Palmeiras e San Paolo, nda) cantare il mio nome in uno stadio pieno. Una cosa da brividi".
Nel 2004 fa tornare alla vittoria del campionato il Santos e realizza la bellezza di 21 gol, diventando il capocannoniere della squadra. Queste magnifiche prestazioni gli valgono il Pallone d'Oro brasiliano 2004.
Quest'ultima stagione è stata in chiaroscuro per Robinho: gioia per i successi con la Selecao (con la vittoria nella Confederation Cup e le vittorie nei match di qualificazione ai Mondiali di Germania 2006) e rabbia per i mediocri risultati della sua squadra di club (anche se in alcune partite non ha potuto dare il suo contributo, proprio per gli impegni con la nazionale). Il Santos, infatti, è attualmente quinto in classifica a 5 punti dal Ponte Preta ed è stato eliminato, nel derby tutto brasiliano, ai quarti di finale della Copa Libertadores dall'Atletico Paranaense (con una doppia sconfitta: 3 a 2 al "Joaquim Américo" di Curitiba e 2 a 0 in casa).
Una pagina molto triste della sua giovane vita è senza dubbio legata al rapimento della madre. La signora Marina Silva è stata rapita il 6 novembre 2004 e, dopo 42 giorni di prigionia, è stata liberata (previo pagamento di un riscatto) il 16 dicembre. In quel periodo il club lo ha intelligentemente lasciato libero affinchè si occupasse del rilascio della mamma.
"Ha attraversato momenti difficili, ma li ha superati, dimostrando ancora una volta di essere una stella", ha voluto sottolineare Pelè.

Quest'ultimo fatto è legato anche all'intricata vicenda della sua partenza dal Santos. In Brasile si sono mobilitati per riuscire a trattenerlo. Per le strade di San Paolo, una macchina su due appiccicata al finestrino porta la scritta "Fica Robinho" (resta). Il suo club, ha chiesto addirittura al governo brasiliano di pagare il suo ingaggio (destinato a lievitare) almeno fino ai Mondiali del 2006.
Il cartellino di Robinho appartiene per il 60 percento al Santos e per il 40 al padre (ogni anno il club gli ha dato il 10, per risparmiare sull'ingaggio). Proprio il signor Gilvan preme per la sua partenza: "Da quando è stata rapita, mia moglie non esce più di casa. Questa non è vita, vogliamo andarcene via". E non è escluso che, se Robinho dovesse restare un altro anno, i genitori se ne vadano prima, ad aspettarlo. Dove? Da bambino sognava il Barcellona, anche per via dei tanti connazionali che ne hanno vestito la storica "camiseta", Romario, Ronaldo, Rivaldo, Giovanni e Ronaldinho Gaucho.
Il suo procuratore Wagner Ribeiro ha fatto il nome anche della Juventus che, per mano di Moggi, avrebbe offerto 10 milioni di euro per il 40 % del cartellino, con la promessa di lasciarlo in Brasile fino al 2008, quando poi pagherebbe la restante parte.
Ma il Real Madrid del suo ex mentore Vanderlei Luxemburgo (successore di Leao, con il quale ha bissato il titolo nel 2004) ha usato argomenti interessanti e il ragazzo si è fatto convicere. Non si è fatto convincere invece il presidente Marcelo Pirilo Teixeira, figlio del boss della federcalcio brasiliana, che non ne vuole sapere di cedere il ragazzo per i 21 milioni offerti dai madrileni.
Il Santos ne pretende il doppio, altrimenti è determinato a far valere il contratto che scade nel 2008. Non è peraltro da escludere che i brasiliani portino il Real dinanzi ad un arbitrato Fifa per "istigazione alla rottura del contratto*.
"Voglio giocare nel Real - ha dichiarato Robinho - non ho più la testa per giocare in Brasile e credo che per me sia arrivato il momento di andare via".
Ed oggi, per il terzo giorno consecutivo, Robinho non si è presentato agli allenamenti del Santos, alimentando quello che è oramai un autentico braccio di ferro col club brasiliano.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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